Non di soli thriller vive David Fincher. Il regista americano, autore di cult acclamati come “Seven”, “Fight Club” e “Zodiac” ha rappresentato a lungo un punto di riferimento quando si è trattato di evocare brivido e suspence sul grande schermo, mostrando una particolare inclinazione per i serial killer e le complessità della psiche umana su cui il mistero ancora s’infittisce.

Attualmente impegnato per Netflix nelle riprese del sequel di “Once Upon a Time in Hollywood” - con protagonista Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt, e una sceneggiatura firmata da Quentin Tarantino - il director ha dimostrato nel corso della sua carriera indubbie competenze anche in altri generi. Tra i vari esempi, nel 2010 uscì “The Social Network”, pellicola vincitrice di quattro Golden Globe e di tre Oscar su otto candidature, per la miglior sceneggiatura originale, la miglior colonna sonora e il miglior montaggio.

A distanza di quindici anni, scopriamo che il film avrà presto un seguito: come rivelato ufficialmente da Sony Pictures, il titolo sarà “The Social Reckoning” e, secondo i piani attuali, debutterà nelle sale il 9 ottobre 2026. Alla regia ci sarà Aaron Sorkin, fidato collaboratore di Fincher e autore della sceneggiatura del primo film.

Se “The Social Network”, tratto dal libro di Ben Mezrich “Miliardari per caso - L’invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento”, raccontava la nascita di Facebook - dal prototipo alla piattaforma che in breve tempo conquistò il mondo, svelandone i retroscena e la celebre causa da 600 milioni di dollari intentata contro Mark Zuckerberg - in “The Social Reckoning”, stando a quanto anticipato da Word of Reel questa estate, al centro ci sarà la figura di Frances Haugen. Ex product manager di Facebook, dopo esser diventata informatrice, scatenò nel 2011 un vero e proprio scandalo mediatico, rivelando l’influenza altamente tossica dei social media sugli utenti.

La sceneggiatura, firmata ancora una volta da Sorkin, si baserà sui documenti interni di Facebook - noti come The Facebook Papers - resi pubblici proprio grazie alla Haugen. Tali informazioni hanno messo in luce la deliberata negligenza dell’azienda di Zuckerberg riguardo alle ricerche interne su “disinformazione”, “incitamento all'odio” e “salute mentale degli adolescenti”. Come dichiarato dalla stessa Haugen nel 2021, in una puntata del programma “60 Minutes” sulla CBS: “La cosa che ho visto con Facebook più e più volte era che c'erano conflitti di interesse tra ciò che era utile per il pubblico e ciò che era utile per Facebook. E Facebook, più e più volte, ha scelto di ottimizzare per i propri interessi su come fare più soldi”.

Sempre nel 2011, ospite del podcast Happy Sad Confused, Sorkin aveva ammesso a proposito di un possibile sequel: “Se scrivessi un altro film su Facebook, vorrei raccontare cosa accade dopo il film originale, concentrandomi sul ruolo che il social network ha giocato nel minare la democrazia”.

In occasione del reveal del titolo, Sony Pictures ha anche annunciato il cast principale: questa volta, nei panni del CEO di Facebook ci sarà Jeremy Strong, star della pluripremiata serie “Succession”, che prenderà il posto di Jesse Eisenberg. Al suo fianco troveremo Mickey Madison - premiata all’ultima edizione degli Oscar per “Anora” - nel ruolo di Frances Haugen, e Jeremy Allen White, star dello show “The Bear”, nei panni di Jeff Horowitz, giornalista del Wall Street Journal.

E sul possibile ritorno di Andrew Garfiled, co-protagonista insieme a Eisenberg nel primo film? Purtroppo sembra che l’attore, molto apprezzato nel ruolo di Eduardo Savrerin, co-fondatore di Facebook, non prenderà parte al sequel. Come dichiarato a IndieWire: “No, no, Eduardo è a Singapore e si sta divertendo”. Un commento che allude alla decisione dello stesso Saverin di trasferirsi a Singapore nel 2009, dopo aver chiarito i suoi obblighi con la legge, affermando: “Sono obbligato a pagare e pagherò centinaia di milioni di dollari in tasse al governo degli Stati Uniti. Ho pagato e continuerò a pagare tutte le tasse dovute su tutto ciò che ho guadagnato mentre ero cittadino statunitense”.

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