"Più vedevo le cose precipitare più mi rifiutavo di accettare la realtà. L'unica cosa che mi interessava era compiacerlo e non mi importava che il prezzo da pagare fosse la mia infelicità e di riflesso quella di mio figlio".
Selvaggia Lucarelli torna a parlare di una sua difficile relazione passata. Un rapporto tossico durato quattro anni, tra inizio idilliaco, passione, umiliazione, disperazione, abbandono, degradazione, addii, ricadute. La giornalista all’epoca era nei suoi 30 anni, aveva divorziato da poco ed era madre di un bambino di tre anni. 
“Ho impiegato 10 anni a scriverlo nero su bianco”, racconta. Dopo il fortunato podcast "Proprio a me" (Chora Media, scaricato da un milione di persone) “ho ricevuto centinaia di lettere, mail, in tanti mi hanno scritto e ringraziato, moltissime testimonianze, dovevo farlo. Non è un j'accuse che denuncia il narcisista, ma dipinge esattamente la concorrenza tra le due parti, tra i due attori di questa vicenda, perché corresponsabili di una storia avvelenata di uno schema tossico".

Quella storia adesso è diventata un libro: “Crepacuore - storia di una dipendenza affettiva” (Rizzoli, 17 euro), dedicato a tutti quelli che hanno vissuto una storia di dipendenza affettiva, a chi ne è uscito e a chi crede di non avere scampo.

"Fino ai 35 anni – spiega Lucarelli – ho vissuto quasi con inconsapevolezza, poi in realtà i sintomi andavano indagati altrove. Non sto qui a fare un bignami di psicanalisi spicciola, non ho gli strumenti professionali, ma è anche vero che mettendo insieme le tante testimonianze che mi sono arrivate dopo il podcast, posso assicurare che somiglianze vi sono, come la sindrome dell'abbandono. I narcisisti si presentano sempre con un biglietto molto splendente, ti danno quest'idea di essere l'unica, sempre dal loro punto di vista, quindi l'unica a cui è concesso entrare in certi spazi, l'unica con cui si aprono”.

"Col senno di poi – continua – i segnali c'erano tutti. La prima mail in cui lui, in fondo, parlava solo di se stesso e mi diceva di cercare il suo nome sul motore di ricerca. La prima litigata, per il tappo dell'ammorbidente chiuso male. Il ritrovarsi in ginocchio, nella doccia, con un unico obiettivo: pulire tutte le fughe delle piastrelle. Il lettino del bambino? Nascondiamolo nella Spa. Col senno di poi è facile riconoscere che il nome del ristorante in cui andare la prima sera fu l'ultima cosa che governai io".

Parla nel libro anche di annientamento e paura "perché con le droghe funziona così a ogni buco, il senso di benessere ha una durata inferiore. Tu continui però a bucarti, quello che qualcuno ha definito speranza distruttiva". Usa anche una parola: morte. "Ho parlato con decine di persone e tutte la pronunciavano 'ho rischiato di morire, sono quasi morta, pensavo sarei morto, volevo morire'. Proprio ieri mi ha scritto una ragazza, mi ha detto che a salvarla è stato un incidente stradale, a quel punto ha compreso che era arrivato il momento di troncare".

Ci sono storie "come quadri appesi, tutti le vedono storte, tranne i due abitanti della casa. Storie che non hanno nulla a che fare con la felicità". Ora Lucarelli ne è uscita ed è legata felicemente a Lorenzo Biagiarelli, cuoco di “È sempre mezzogiorno”: “Credo che si è davvero guariti, quando non si ha più curiosità”.

(Unioneonline/D)

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