“In alto Zeus/ a destra Era/ brilla sulla luna piena” e c'è proprio la luna piena a illuminare l'Arena Rugby Maria Pia di Alghero. Un'ovazione accoglie Mahmood che con “Dei” apre “Ghettolimpo” che dà il nome al secondo album e al tour. La voce è potente, intensa, sale e scende sulle sillabe, modula l'intonazione come il melisma dei muezzin, viaggia dall'Egitto a Milano, passa per la sua Sardegna, naviga per il Mediterraneo, echeggia l'oriente, manda “Baci dalla Tunisia”. Il canto tesse arabeschi tra suoni (molta elettronica e tastiere) e arrangiamenti corposi.

Che notte

Alessandro usa anche il corpo per esprimere il suo mondo di dei impuri e uomini fatti di successi e sconfitte, che affermano il diritto all'imperfezione e il diritto a cercare di volare sopra i pregiudizi (indossa una maglietta bianca con due simboliche ali rosse) come canta più tardi in “Icaro. E' libero”: “Accusato giustamente di libero arbitrio/ Un reato che al potere da sempre fastidio/ Perché ho sognato di volare troppo in alto/ Perché ho pensato che ogni uomo sulla terra è un santo”.

Si rivolge alla platea: «Buonasera a tutti ragazzi, mamma mia, sono veramente felice di essere qua». La platea sente vero e vicino Alessandro, anche nei testi dove rivela le sue fragilità. In “Ghettolimpo” confessa “Il successo fa male alla testa/ Se pensi di non essere all'altezza/ Nel buio guarda tua madre/ Ti dirà l'amore è ciò che ti resta”. Ragazze e ragazzi cantano soprattutto le canzoni del primo album: “Gioventù bruciata”, ma stanno già assimilando i brani del secondo lavoro, come “Zero”, sigla di una serie tv Netflix.

L’entusiasmo

Molti ballano sulla sedia, con le braccia alzate sulla ritmatissima “Dorado” la più vicina alla trap.

Nei due anni di convivenza col Covid ha scritto più per sé che per gli altri. Uno dei pochi brani composti fa riferimento proprio al lockdown: “Eternantena”. Una sorpresa: quando chiede al pubblico quanti sono i sardi, ne approfitta per un saluto speciale: «C'è mia madre stasera». Poi attacca la struggente Inuyashi “Metterò il peggio di me/ Dentro a una crisalide/ Per non farti più male/ Se lo farai anche te”. La voce trova nuovi colori e sfumature. Mahmood sa anche rappare, ma è nel canto che dà il meglio e dimostra di avere una dimensione internazionale. Il pubblico gli tributa una standing ovation dopo “Rapide” e Alessandro è commosso. Un'altra sorpresa la propone con “T'amo” tributo alla madre che ha saputo “da sola crescere Chi per metà ti ricorda l'uomo che ti ha lasciato” e omaggio alla Sardegna, perché innesta “No potho reposare” anche con l'aiuto del coro femminile Intrempas di Orosei, quindi di casa, viste le origini della mamma. E centinaia di cellulari girano il video. Tripudio. Di nuovo ritmo con “Talata” e “Barrio” ballata dagli spettatori con la voglia di scatenarsi trattenuta a stento. «Sono in Sardegna da un mese ma questo è il mio giorno preferito, mi avete fatto un regalo bellissimo” dice Alessandro alla fine. Viene chiamata fuori per il bis. «Noi non ce ne andiamo se non canti l'ultima». E l'ultima è, manco a dirlo, “Soldi”. E tutti sono in piedi e cantano sotto la luna. Mahmood li saluta in sardo. «Totus che cherites».

Giampiero Marras

© Riproduzione riservata