Mahmood, lo sfogo del padre: «Non è vero che l’ho abbandonato, ma se lui lo pensa che cambi cognome»
«Sono sempre andato a trovarlo, e non è vero che pensavo solo ai soldi. Mi sono ammalato e gli ho chiesto di venire a trovarmi, ma non è mai venuto»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una serie di riferimenti, nei suoi brani di maggior successo come “Soldi” e “Gioventù bruciata”, ai difficili rapporti con il padre, che quando lui aveva appena 5 anni è andato via di casa. Alessandro Mahmoud, Mahmood per il mondo, ha scelto di raccontare per musica e parole quella relazione contrastata con papà Ahmed Mahmoud, che però oggi non ci sta e, in un’intervista rilasciata a QN, prova a difendersi.
«È vero che mi sono rifatto una vita ma non ho mai abbandonato Alessandro: ci sono foto di noi due al parco, in momenti di vacanza, in diverse occasioni, anche in Egitto», spiega. «Andavamo a mangiare fuori insieme, è anche venuto a casa mia quando vivevo a Trezzano sul Naviglio, ha preso in braccio la sua sorellina (che ho avuto da un’altra donna) che ora ha 11 anni e mezzo – racconta ancora – La settimana prima che partecipasse al Festival di Sanremo siamo andati a fare insieme un aperitivo. Non sapevo che sarebbe andato a Sanremo né che io avessi ispirato le sue canzoni. Anche se non ci vedevamo spesso, il rapporto non si è mai interrotto e non avrei mai immaginato che potesse parlare di abbandono».
«Ho sofferto – prosegue Mahmoud – come ho sofferto sentendo “Soldi”. Non è vero che pensavo solo ai soldi, anzi. Come se fossi interessato solo alle cose materiali. Io ho sempre voluto parlare con mio figlio e mi ritengo un uomo dalla mentalità aperta: da musulmano ho accettato tutti i riti cattolici nella mia prima famiglia. Sono stato ricoverato in ospedale per una brutta malattia, prima all’ospedale San Paolo e poi in Egitto durante il periodo Covid. Alessandro lo sapeva, gli ho chiesto di venirmi a trovare ma non è mai venuto. Io ci sono rimasto male. L’ultima volta ci siamo sentiti via messaggio più di un anno fa, ma sempre superficialmente».
Poi la chiusura, con un affondo: «Se lui davvero pensa che io l’abbia abbandonato e non vuole avere più a che fare con me, vorrei che cambiasse il suo cognome: non più Mahmoud. Non pretendo che cambi il suo nome d’arte ma quello reale».
Forse una provocazione, ma forse anche di più: «Ho provato a chiederglielo ma mi ha risposto di no, sto valutando se rivolgermi a un legale».
(Unioneonline/v.l.)