Il basso è un martello che segue il ritmo sincopato del cuore, la chitarra Vox è una lama che perfora le orecchie e l’organo Farfisa un coltello incandescente che dolcemente entra nel cervello

Un salto nel passato lungo 35 anni ed ecco i Five For Garage, la band di musica garage che aveva agitato l’anima rock dei ragazzi dell’epoca e trasformato Capoterra nel cuore (non solo isolano) della musica underground. Tanto che la cittadina a pochi chilometri da Cagliari si trasforma in una calamita per centinaia di giovani e una tappa imperdibile per qualsiasi gruppo americano o australiano in tournée in Italia. Il locale Bat Cavern diventa il tempio della musica underground. Ci suonano i Boohoos, i Meteors, i Sick Rose, i Not Moving.

Nel 1985 la Sardegna è ancora sotto gli effetti della New wave, dei dandy e dei dark di matrice inglese. Presto, però, verrà investita da un vento nuovo, un tifone di suoni che, in realtà, di nuovo ha ben poco, visto che fa riferimento alla musica sixties americana. Quella ruvida, punk, essenziale, selvaggia, indomabile, senza fronzoli, primitiva. Delle caverne, appunto. “Non ci credo”, “Sono un uomo terribile”, “No drugs today, Get away”. Tre fratelli (Mauro, Fabio e Guido Farigu) e due amici hanno i capelli a caschetto e vestono con pantaloni in pelle attillati, magliette a righe, camicie a fiori e scarpe Bootas. Animali selvaggi da palcoscenico. Suoni ruvidi, senza tanti fronzoli, ma belli. Maledettamente belli. Niente di nuovo anche perché i cinque di Capoterra avevano come stella polare i classici dei sixities che proprio in quegli anni erano tornati prepotentemente. Direttamente dalla California. Lisergici al punto giusto. E optical era la copertina per il loro primo lavoro disegnata da Cinzia Pruneddu. - Mauro Farigu, Capoterra è stata la culla della musica beat e psichedelica.

“Concerti, festival, mostre. Tutto grazie alla passione di Oreste Pili, che nel 1986 aveva organizzato il 1° Festival italiano di musica psichedelica con gruppi del calibro di Pikes in Panic, Kim Squad, The Gift”

Come sono nati i Five for Garage

“Io e i miei fratelli siamo stati fortunati a vivere in questo contesto e ad avere avuto genitori che invece di regalarci giochi inutili ci avevano messo a disposizione strumenti musicali. I Five for garage sono nati da un’idea di mio fratello Mauro. Con Jonny Puddu, Luca Manca e Tony Dessy suonavano pezzi originali, classici come Louie Louie e Surfin Bird e cover di Jimi Hendrix. Pezzi che abbiamo proposto dal vivo per la prima volta in una rassegna musicale a Monastir”.

La svolta?

“Sono stato a San Franciso dove si respirava a pinei polmoni l’aria garage che presto avrebbe invaso il mondo. In California suonavo il basso in alcuni gruppi. Poi sono rientrato a Capoterra e messo piede nei Ffg come batterista, ma presto mi sono impadronito delle tastiere per passare rullante e grancassa all’altro mio fratello Guido”.

La band prende forma.

“La prima formazione era composta da Mauro Farigu (chitarra), Luca Wolf Manca (basso), Gianni Puddu (batteria) Tony Gomez La Muerte Dessì (voce). Abbiamo registrato solo un pezzo “Baby no cry” per partecipare al Flash festival di Radio Flash. Successivamente ci furono alcuni cambi nella formazione: alla batteria arrivò Gianfranco Casu, si aggiunse un'altra chitarra con l'arrivo di Carlo Cabras e io passai alla voce".

L’arrivo di Francesco Abate fu determinante?

“Sì, con Francesco abbiamo regitrato il demo “Garage one” e partecipato a numerosi festival ed esibizioni dal vivo”.

Abate l’anno scorso durante la presentazione di un suo libro aveva riproposto una reunion.

“Ci sarebbe piaciuto, ma per il momento non ci sono le condizioni”.

Le cose belle prima o poi finiscono

“La favola dei Five for Grage è durata sino a fine anni ’80, stavamo diventando grandi, ognuno ha preso la sua strada. Io non ho mai perso il vizio: suono il basso con i Gods of Gamble”.

Oggi Fabio, Mauro e Gianfranco sono dipendenti pubblici, Luca il cuoco e Carlo è titolare di una carrozzeria e Guido gestisce una palestra, ma la leggenda continua.

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