Matteo Salvini fa infuriare Luciano Ligabue e Stefano Accorsi.

Colpa di uno spot elettorale che fa il verso alla campagna di Letta, rilancia l’audio violento dell’ex capo di gabinetto del sindaco di Roma Albino Ruberti usando il celebre brano del “credo laico” di Accorsi nel film Radiofreccia.

Domenico Procacci per Fandango, Luciano Ligabue e Stefano Accorsi, rispettivamente produttore, autore e attore del film del 1998 hanno formalmente diffidato, a mezzo dei loro legali, la "Lega per Salvini Premier" dall'utilizzo del brano audio con la voce di Accorsi, tratto da Radiofreccia - affermano in una nota - “illegittimamente” e inserito all'interno di un video elettorale attualmente diffuso su tutti i social media e ripreso dalla stampa.

Il cortometraggio “che imbarazza il Pd, tratto da una storia vera” (così è titolato lo spot) comincia con una giovane donna che guarda il computer e ascolta il brano di Accorsi. Poco dopo si sentono le urla e la telecamera inquadra un video con lo scoop del Foglio: è Ruberti che grida “si deve inginocchiare...vi ammazzo, ve lo giuro vi ammazzo...vi sparo”. La voce fuori campo dice “non hanno pietà”.

La scena successiva è un fake del manifesto elettorale del Pd con il primo piano di Enrico Letta su campo rosso “In ginocchio o ti sparo” e su campo azzurro “Italia in piedi” con il simbolo della Lega. “Accendiamo la luce dopo le tenebre del Pd”.

La Lega ha usato il credo laico di Radiofreccia per la propria campagna elettorale, senza chiedere alcuna autorizzazione (che non sarebbe stata concessa), e con grave sprezzo della legge sul diritto d'autore”, si legge nella nota.

Nella diffida Procacci, Ligabue e Accorsi “hanno contestato la gravissima violazione dei loro diritti sul film e la spregiudicata utilizzazione dello stesso in una presentazione al pubblico che lascia anche chiaramente presumere una adesione al contenuto del messaggio, da cui invece gli stessi radicalmente si dissociano”. Si intima dunque di rimuovere “immediatamente” dal video qualsiasi elemento tratto dal film e ci si riserva “ogni più ampia tutela legale, in sede civile e penale”.

(Unioneonline/L)

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