“Siamo al settimo cielo, perché questa settimana Sardi Uniti d’America, il nostro giro in treno attraverso tutti e 50 gli Usa alla ricerca dei sardi nel mondo, ha compiuto 1 mese. Trenta giorni trascorsi assieme a decine di nostri corregionali sparsi nei primi 21 Stati che abbiamo attraversato. Non vogliamo però che questo nostro sesto racconto di viaggio sfoci in una lista di nomi e città, ma ci piacerebbe riassumervi in poche righe quali sono le nostre sensazioni e quali le consapevolezze maturate lungo i primi 10.000 km su rotaie.

Gli Stati Uniti sono davvero il regno della libertà e delle opportunità. Siete volenterosi e sapete fare bene il vostro lavoro? Venite qui, dateci dentro e farete carriera. Qui c’è davvero posto per tutti, proprio qui nella terra a stelle e strisce, dove un lavapiatti non resterà lavapiatti troppo a lungo; un manovale non tarderà ad aprirsi una sua impresa di costruzioni; un cameriere sa bene che un giorno potrà gestire un ristorante tutto suo. Qui dove un laureato in biologia un giorno potrà dirigerlo lui un intero reparto di ricerca. Gli Usa ti mettono addosso una consapevolezza strabiliante: quella che ognuno, qui, può davvero crescere e quadruplicare il suo stipendio nel giro di pochi anni.

Nei nostri passati 20.000 km in treno, dal Portogallo al Vietnam, abbiamo incontrato sardi la cui maggioranza ha convissuto per decenni con lo stesso lavoro, il posto fisso classico, quell’idea predominante di mantenere il giusto stipendio purché si riesca a mantenere dignitosamente la famiglia. I sardi residenti negli Usa sono diversi. Tornerebbero in Sardegna anche domani, ma difficilmente lascerebbero la loro vita lavorativa qui. Sono tutti realizzati, con una bella professione, spesso con una carriera invidiabile a fare da cornice alla propria vita. Come il 90% di quelli incontrati tra New York, Miami, Orlando, Detroit, Chicago, Houston.

Qualcuno a caso? Silvio Podda, medico chirurgo pediatrico che si reca nelle parti meno fortunate del mondo per operare i bambini che nascono con malformazioni facciali. Come Benny Siddu, originario di Villamar, titolare di quello che, in tutta probabilità, è il ristorante sardo più frequentato degli States (parliamo della media di 5-600 coperti al giorno solo a cena). Come Nicola Caria di Villacidro, medico oncologo che si occupa di farmacologia, oppure Graziano Pinna di Oristano, ricercatore di successo che stringe in mano la molecola che combatte la depressione. E poi c’è chi importa vini come Alessio Sotgiu, chi insegna e fa la linguista come Stefania Puxeddu, chi pilota aerei come Nicola e chi fa la pasticcera per un ristorante giapponese di lusso come Francesca. Tutte persone che vedrete a settembre su Videolina, nella seconda stagione di ‘OvunqueSardi’.

Ma gli Stati Uniti sono solo bellezza? No, affatto. Noi due, stando qui da quasi cinque settimane, stiamo ingoiando a fatica, giorno per giorno e di città in città, una triste realtà: la salvezza di Madre Natura, e quindi anche la nostra, non passa di qui. Gli Usa sono indietro anni luce rispetto all’Europa in termini di salvaguardia dell’ambiente. ‘Business’ è l’unica parola d’ordine che muove questo posto, che lo fa brulicare di continue corse per la vittoria. Qui sembrano tutti in gara fra loro, alla continua ricerca dell’obiettivo, talvolta del bersaglio... Sono tutti un po’ cowboy. Ma i sardi che abbiamo incontrato no. Loro non saranno mai dei cowboy. E al massimo, per riprendere una battuta che giorni fa abbiamo scritto sulle nostre pagine social, un sardo può essere figlio di signor Cau e di signora Boi. Questo è l’unico vero CAU-BOI made in Sardinia”. 

Floris e Nu

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