È caduto mille volte, e mille volte si è rialzato, perché partire dalla Sardegna e arrivare a Londra, creare una propria azienda con un proprio marchio “non è esattamente una passeggiata”. Avere a che fare con la burocrazia, con norme, regolamenti, stili di vita diversi dai propri, per molti è una grande difficoltà. Per Gabriele Atzei è stata una sfida incentrata su un unico obiettivo: realizzare qualcosa di suo e che lo rappresentasse al 100 per cento.

Così è nato “Combattivo”, il brand venuto fuori dalle sue idee e dalla professionalità acquisita attraverso numerose esperienze che lo hanno portato anche in India e a Miami. Disegna e produce, con un team multietnico, capi di abbigliamento e accessori per sport d’azione.

Cresciuto a Guspini, dopo l’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie a Roma, ha vissuto per un po’ nell’Isola, che a un certo però gli è andata stretta e ha deciso di seguire la strada internazionale. “Fin da ragazzino avevo questo spirito un po’ da esploratore, non volevo rimanere nella mia comfort zone, e anche in famiglia non è mai stato un mistero; per questo da giovanissimo ho cominciato a guardare oltre il mare alla ricerca di un futuro fatto di nuove prospettive”.

Come ha iniziato?

“Nel 2018, arrivato a Londra, ho cominciato a lavorare per un noto brand di abbigliamento sportivo come sales assistant. Questo mi ha permesso di aprire un po’ la mente perché ogni giorno sono a contatto con colleghi e clienti che provengono da varie parti del mondo, e di capire passo passo come funziona un negozio. Dopo sei mesi infatti ho deciso di far nascere ‘Combattivo’, registrando l’impresa a livello legale, e ora cambierò lavoro così da avere più tempo da dedicare alla mia azienda”.

Perché questo nome?

“Per il suo significato: nella vita devi avere uno spirito combattivo. E poi ho voluto che rimanesse in italiano, senza tradurlo in inglese. Perché è vero che si trova a Londra, ma il cuore è tutto italiano”.

E il logo?

“Una C con le punte a sinistra che riprendono il morso di uno squalo, l’ho ideato e realizzato io, simboleggia l’aggressività, la combattività”.

Cosa vende?

“Felpe, magliette, cappellini, costumi da bagno, giacche e accessori vari dedicati agli sport d’azione, di alta qualità. Ma i clienti – come target dai 16 ai 35 anni indicativamente - non sono solo sportivi, così come chi acquista Nike ad esempio non per forza lo fa perché pratica certe discipline”.

Commercio solo online o avete dei negozi?

“Per ora via web e abbiamo anche uno stand in un mercato in zona Liverpool Street Station”.

E la pubblicità?

“Usiamo, come tanti, la via degli influencer. Ci sono famosi sportivi a cui inviamo l’abbigliamento e loro lo indossano nelle foto o video che pubblicano sui profili social”.

Ha anche dipendenti?

“Siamo un team multietnico: ci sono illustratori, quelli che si occupano della manifattura, i fotografi, ognuno ha una sua competenza specifica. Certi prodotti vengono ideati proprio da me, altri dai miei collaboratori”.

Quali sono state le difficoltà più grandi?

“Per un italiano arrivare qui e far nascere un’azienda propria può sembrare difficile. E lo è. Gli inglesi hanno dalla loro parte il fatto di giocare in casa, ma chi viene da fuori deve fare i conti con mille e uno problemi. Ho perso tanto di quel tempo e di quei soldi… solo che i soldi vanno e vengono, il tempo non te lo restituisce nessuno. Ora, pur avendo un altro lavoro in cui ho un giorno libero a settimana, in realtà in quelle ore mi dedico a ‘Combattivo’, senza mai riposo insomma. Ma va bene, è giusto che sia così quando credi davvero in quello che fai”.

Gabriele Atzei, ideatore del brand "Combattivo"\u00A0(foto concessa)
Gabriele Atzei, ideatore del brand "Combattivo"\u00A0(foto concessa)
Gabriele Atzei, ideatore del brand "Combattivo" (foto concessa)

Con la Brexit ha fatto i conti?

“Non mi ha toccato molto, forse ha colpito di più altri settori, per me è cambiato poco o niente”.

E col Covid?

“Quello ha avuto un impatto particolare, perché ha spinto di più il commercio online, i negozi erano chiusi e la paura era fortissima. D’altro canto però le manifestazioni sportive erano sospese, così come i concerti e gli eventi, tutte situazioni che mi consentono invece di promuovere i miei prodotti. Adesso ci siamo un po’ ripresi, e pian piano si riparte”.

Ai ragazzi che oggi vogliono inseguire i propri sogni cosa direbbe?

“Di partire, andare all’estero, studiare, imparare l’inglese che nel settore business è la lingua più utilizzata, confrontarsi con altre culture. E fate dei tentativi per creare qualcosa di vostro, cadrete e vi rialzerete. Poi, un domani, magari tornerete in Italia per mettere in pratica quello che avete imparato. Ma a casa”.

E lei di sogni ne ha altri?

“Intanto stiamo per aprire un nuovo punto vendita e spero a breve anche un negozio a Londra, probabilmente anche ampliando il nostro catalogo”.

E forse tornare in Sardegna?

“La mia terra mi manca, ovvio, la nostalgia la sento perché sono tanti anni che non ci vivo, e ci sono cose che ti restano sempre dentro. Vorrei un domani aprire un negozio anche lì, si vedrà”.

C’è un segreto per “arrivare”?

“Per me sì: cercare di avere un mentore”.

Lei l’ha avuto?
“No, appunto. Sfortunatamente ho dovuto imparare da solo, ma quando le provi tutte conosci ogni aspetto della tua attività. Non ho avuto dritte da nessuno, sono venuto da solo a Londra con due soldi in tasca e quella famosa valigia di sogni che ora, a 38 anni, è un po’ cambiata ma è sempre piena”.

© Riproduzione riservata