Il museo a cielo aperto più grande del mondo. Da nord al sud della Sardegna i siti di interesse storico e archeologico sono migliaia, molti dei quali quasi sconosciuti al grande pubblico, e forse anche per questa ragione, ancora più affascinati da scoprire. E chi pensasse che nell’Isola si possa fare un tuffo nel passato solo ai piedi di un nuraghe, rimarrà a bocca aperta davanti ai tanti altri monumenti millenari sparsi ai quattro angoli di una terra ricca di storia e misteri ancora da svelare.

Le tracce della storia

Gli itinerari sono così numerosi che non basterebbe una vita per percorrerli tutti. Uno dei tanti potrebbe però partire nel profondo nord dell’Isola e dalla Carlo Felice verso Cagliari fare tappa alla scoperta di cinque siti imperdibili e sorprendenti.

È di sicuro il caso dell’altare preistorico di Monte d’Accoddi, a metà strada tra Sassari e Porto Torres. «Un edificio unico nel suo genere in tutto il Mediterraneo occidentale - spiega Matteo Tatti, archeologo dell’Associazione culturale Itzokor di Cagliari - con una struttura tronco-piramidale simile alle ziqqurat mesopotamiche. La parte più antica, databile a 5.000 anni fa, conserva ancora un colore rosso ocra alle pareti ed è nota con il nome di Tempio rosso.

Simbolo incrollabile

Una cinquantina di chilometri più a sud è necessario fare una sosta a Torralba, all’ombra del Nuraghe Santu Antine. «Un gigante di basalto che rappresenta il più imponente degli edifici di età nuragica», rivela l’archeologo. «L’altezza originaria doveva facilmente superare i 25 metri - dice Tatti - ma ciò che lo rende ancora più affascinante è il sistema di corridoi, passaggi e scale ricavati all’interno delle murature, che permette la comunicazione tra le camere nei diversi piani».

Viaggio all’interno

A circa un’ora di auto verso est, in Barbagia, sarà impossibile non rimanere di stucco davanti al Villaggio santuario Su Romanzesu di Bitti. «È uno dei più vasti complessi monumentali di età nuragica di tutta l’Isola», conferma Tatti. «Il cuore del complesso è rappresentato dal tempio a pozzo che si connette a una struttura gradonata dalla pianta ellittica, destinata verosimilmente a rituali collettivi legati all’uso o alla presenza dell’acqua.

I primi ingegneri

Più a sud è quasi d’obbligo una sosta al Pozzo di Santa Cristina vicino a Paulilatino. Costruito circa 3.000 anni fa, sul suo utilizzo gli studiosi fanno ancora congetture ipotizzandone un passato da fonte sacra o addirittura osservatorio astronomico.

«Il pozzo rappresenta un esempio di perfezione costruttiva legata al culto delle acque di età nuragica», rivela l’archeologo. «Per quanto in buona parte ricostruito, il posso mostra infatti una perizia notevole nella lavorazione dei blocchi di basalto utilizzati nella costruzione della tholos sotterranea, della gradinata d’accesso e dell’affascinante “scala rovescia” che ci sovrasta mentre scendiamo al suo interno.

Tombe dei giganti

Il breve viaggio verso Cagliari non può terminare senza una visita al parco archeologico di Pranu Muttedu a Goni «una delle più estese aree sepolcrali della Sardegna preistorica», dice l’esperto. «Caratterizzata da un’eccezionale concentrazione di menhir e particolari sepolture “a tumulo”. Ci sono una cinquantina di monoliti, spesso associati a coppie o organizzati a filari, posti anche all’interno delle stesse tombe. Ma a destare stupore è la grandiosità della Tomba II con ingresso, anticella e cella funeraria scavati in due grossi blocchi di circa 5.000 anni fa».
© Riproduzione riservata