È considerato uno dei tumori più aggressivi oltreché, nella maggior parte dei casi, letale: il tumore del pancreas colpisce ogni anno in Italia circa 13 mila persone e negli ultimi 30 anni ha più che raddoppiato l'incidenza.

Appena trent’anni fa, l’incidenza di questo tumore era di circa 9 persone su 100mila, mentre oggi i colpiti sono 21 su 100mila. La Sardegna non si discosta dalla media nazionale e, anche nell'isola, a essere colpita maggiormente è la popolazione di età compresa tra i 60 e gli 80 anni, seppur si registrino casi anche tra i più giovani. E l'Isola non fa eccezione.

Secondo Alberto Porcu, docente di Chirurgia alla Facoltà di Medicina di Sassari e responsabile dell'unità operativa complessa di Chirurgia dell'Azienda ospedaliero universitaria locale, si registra oggi “un'anticipazione nell'insorgenza della patologia e, per questo motivo, di recente abbiamo chiesto al centro epidemiologico di Sassari un approfondimento sulla casistica".

"Dai dati del Pne, il programma nazionali esiti predisposto da Agenas – spiega Porcu - negli ultimi otto anni, dal 2009 al 2016, sono 140 i casi trattati dalla nostra unità operativa. Dall'inizio dell'anno abbiamo già operato otto pazienti, tre sono in lista d'attesa e, a breve, potranno essere operati".

L'obiettivo è incrementare il numero degli interventi. E per questo l'Aou di Sassari punta a investire e aumentare il numero dei pazienti presi in carico. Con i lavori del nuovo ospedale e, ancora prima, con l'arrivo dei nuovi anestesisti sarà possibile venire incontro alle esigenze del territorio, ridurre le liste d'attesa, la mobilità passiva e le spese per la sanità regionale, oltreché ridurre il disagio delle famiglie che devono intraprendere viaggi fuori dall'Isola per potersi curare.

Sempre dai dati Pne si evince che, nel 2016, su 59 pazienti sardi che hanno subito un intervento per tumore del pancreas, il 54,2 per cento (32) sono stati operati in Sardegna e la quota maggiore di questi, cioè 15 (pari al 25,4 per cento), a Sassari; il 45,8 per cento (27), invece, sono stati operati nella penisola.

Ad ammalarsi, in prevalenza, sono più uomini che donne e la sopravvivenza dopo l'operazione varia a seconda dello stadio al quale il tumore viene diagnosticato e, dove possibile, operato. La difficoltà sta proprio nella diagnosi poiché il tumore al pancreas risulta spesso silente.

"Se diagnosticato per tempo - aggiunge Alberto Porcu - con le tecniche chirurgiche che abbiamo acquisito, e che in questi trent'anni sono migliorate notevolmente, il paziente ha buone prospettive di vita. È chiaro, però, che più difficoltoso è l'intervento, a seconda della posizione in cui il tumore è localizzato nel pancreas, maggiori sono i rischi. Che aumentano anche in caso di età avanzata del paziente. Osservando la nostra casisitica il 13 per cento dei pazienti operati sono ultraottantenni e hanno potuto affrontare l'intervento perché in ottime condizioni generali, con gli stessi risultati di quelli più giovani. Quel che conta, comunque, è l'età biologica e non quella anagrafica".

L'intervento prevede l'asportazione del duodeno, della colecisti, della testa del pancreas quindi di un tratto dell'intestino tenue. Dopo la fase demolitiva inizia quella ricostruttiva, con il collegamento dei vari organi tramite l'intestino tenue. I tempi di ricovero post operatorio variano tra i 10 e i 15 giorni e nel periodo di convalescenza si attiva un monitoraggio continuo, mirato a diagnosticare precocemente eventuali complicanze.

L'attività interventistica vede una stretta collaborazione tra chirurghi e oncologi. Il paziente, infatti, prima dell'operazione può essere sottoposto a terapia chemioterapica volta a ridurre la massa del tumore; quindi a terapia dopo l'intervento, per ridurre il rischio che la malattia si ripresenti.

Nella clinica di Chirurgia diretta da Alberto Porcu vengono trattate anche altre patologie. "Negli ultimi quattro anni - conclude il direttore della struttura complessa di Palazzo Clemente - abbiamo realizzato175 interventi di resezione epatica, per tumori primitivi e secondari, e 15 resezioni epatiche per carcinoma della colecisti, con una mortalità del 2,63 per cento. Un risultato che fa del nostro centro il primo in Sardegna con minore mortalità ed equiparabile ai migliori centri internazionali".

(Unioneonline/v.l.)
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