Vent'anni fa se lo facevi era meglio non dire niente, adesso invece succede il contrario: te ne devi vantare anche se non è vero.

"Certo, è meglio fingere, dire che hai già fatto sesso con qualche ragazzo altrimenti fai la figura della sfigata e un po' ti emarginano. Noi in discoteca neanche ci andiamo, però è normale che lì si beva e che se incontri uno che ti piace qualcosa la devi fare. Subito? Certo, se no quando"?.

Short e scarpe sportive d'ordinanza, rossetto rosso sulle labbra, Anna e Francesca, nomi di fantasia, vivono a Cagliari e hanno 27 anni in due. Tredici la prima, quattordici la seconda. Per loro il sesso è ancora un mistero ma a scuola, con le amiche e sui social non parlano d'altro, spesso in modo volgare, facendo finta di sapere tutto. In realtà ne hanno paura e sono piene di dubbi. Ma ammetterlo è segno di debolezza. Anche perché la stragrande maggioranza dei loro coetanei ha già avuto rapporti completi. E quasi sempre non protetti.

LA PRIMA VOLTA - "L'età della prima volta si abbassa sempre di più, ormai succede già a 14 anni soprattutto per le ragazze che sono più precoci dei maschi. Ma il vero problema è che il 47 per cento non usa mai il profilattico esponendosi così al rischio di contrarre infezioni di cui non hanno mai sentito parlare".

Brunella Mocci, referente della sezione cagliaritana della Lega per la lotta all'Aids (Lila), gira da dieci anni le scuole del capoluogo sardo nell'ambito del progetto EducAids, totalmente autofinanziato. "Andiamo negli istituti superiori che ce lo consentono - spiega - col duplice obiettivo di indagare sulle abitudini affettive e sessuali dei ragazzi informandoli sui rischi legati ai rapporti non protetti e nel contempo tentando di abbattere gli stereotipi sulle persone con l'Hiv".

L'INDAGINE - Così dal 2010 la Lila ha distribuito questionari anonimi a più di diecimila studenti tra i 14 e i 18 anni. E il quadro che emerge conferma i timori: gli adolescenti cagliaritani hanno una vita sessuale molto precoce, cambiano spesso partner ma sono totalmente disinformati sui rischi che corrono. "Molti di loro non hanno mai sentito parlare di Hiv, di papilloma virus o sifilide - conferma la responsabile della Lila -. E anche quando hanno qualche nozione spesso è totalmente distorta. Ad esempio molti di loro sono convinti che l'Aids sia un problema che riguarda solo i tossici o gli omosessuali, pensano persino di essere in grado di riconoscere un sieropositivo dall'aspetto. Ed è largamente diffusa l'errata convinzione che esista una cura definitiva per cui non pensano a proteggersi".

ALCOL E SESSO - Un problema amplificato dal fatto che, oltre all'età del primo rapporto sessuale, si è abbassata vertiginosamente anche quella in cui si inizia a bere. "Questo è un altro aspetto molto sottovalutato - conferma Mocci - l'uso di alcolici o di altre sostanze psicotrope abbatte infatti i freni inibitori, riduce la capacità di prendere delle decisioni consapevoli e spesso si ritrovano in situazioni che non riescono più a controllare". Un fenomeno che negli ultimi anni a Cagliari ha assunto proporzioni preoccupanti: stando infatti ai dati del SerD, il primo bicchiere si beve già a dieci anni e tra gli adolescenti è diffusissima la moda del "binge drinking", una sorta di sfida di gruppo a chi beve tanto alcol più velocemente possibile.

LE MALATTIE - E così nell'era di internet in cui basta un clic per scoprire ogni aspetto del sesso, il paradosso è che anche tra i giovanissimi si assiste a un boom di casi di sifilide e soprattutto di infezioni da Hpv, come conferma Roberta Satta, referente del Centro malattie sessualmente trasmissibili (Mts) della Clinica dermatologica del San Giovanni di Dio diretta dal professor Franco Rongioletti, dove sono in cura anche pazienti di 17 anni. "In realtà l'aumento dei contagi riguarda anche gli adulti - spiega -, segno che il problema non è ristretto agli adolescenti. Io ricordo sempre che quando si è a letto non si è mai in due ma in molti di più, perché il fatto di avere avuto rapporti non protetti anche coi partner precedenti è un fattore di rischio ulteriore". Insomma, il nodo è sempre lo stesso: la scarsa informazione. "Anche noi abbiamo fatto una campagna nelle scuole - prosegue Satta -, e ci ha sorpreso scoprire che alcune adolescenti sono convinte che prendendo la pillola si mettono al riparo anche dalle malattie sessualmente trasmissibili. Nessuna inoltre aveva mai sentito parlare di profilattici femminili".

LE FAMIGLIE - E in questo le famiglie certo non aiutano. "Nelle scuole il principale problema spesso sono i genitori - aggiunge l'esperta -, compresi i colleghi medici. È una mentalità difficile da scalfire, come se informare rappresenti un modo per incentivare gli adolescenti al sesso".

Brunella Mocci conferma: "In classe riusciamo a entrare solo perché ci sono docenti sensibili ma in molti istituti ci impediscono di distribuire i condom. La normativa europea impone che nelle scuole si faccia educazione alla fertilità e alla sessualità, ma in Italia tutto questo non accade e l'accordo di qualche anno fa tra ministeri della salute e dell'istruzione è rimasto sulla carta. È inoltre fondamentale consentire ai minori libero accesso ai test per le malattie sessualmente trasmissibili perché oggi questo è possibile solo se c'è il consenso dei genitori, il che naturalmente rappresenta un ostacolo enorme. Altrimenti dobbiamo essere consapevoli che non ne usciremo vivi".

Massimo Ledda

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