Come al solito, e come sempre invero, la Comunità Civile, stante la costante e colpevole assenza delle Istituzioni, costantemente e ciclicamente refrattarie ad ogni ipotesi di confronto risolutivo, assume su di sé il peso di una iniziativa che potremo definire di “dignità”, mentre l’assenza di qualsivoglia continuità normativa nella organizzazione del comparto sanitario, continua a riverberare i suoi effetti negativi a medio e lungo termine sull’utenza, ossia sui malati e bisognosi, e sugli operatori sanitari tutti, evidentemente mutilati nella loro capacità di intervento. Lo farà venerdì 24 settembre 2021, su iniziativa di Fabio Rosas, nella Città di Nuoro che si impegnerà a lanciare un segnale forte e chiaro proprio in concomitanza con la manifestazione organizzata a Cagliari a sostegno della Sanità Pubblica attraverso la chiusura di tutti gli esercizi commerciali dalle ore 12.00 alle ore 13.00.

L’alternanza politico/gestionale inoltre (erroneamente considerata quale misura risolutrice di carattere esclusivamente interno), condotta sulla falsa riga di una oscillazione strutturale fondata quando sulla “centralizzazione”, quando sul “decentramento”, siccome studiata e strumentalizzata sul piano politico per il conseguimento – sembrerebbe – di obiettivi “altri” rispetto a quello dominante di “cura”, costituisce con buona verosimiglianza, e al tempo stesso, l’origine e la concausa del “male”, e tradisce tanto l’esigenza di conseguire un utile “efficientamento” delle prestazioni erogate, quanto l’esigenza, altrettanto importante, di ricucire il rapporto fiduciario tra i cittadini e l’ “amministrazione” dei servizi comunemente intesa nella sua declinazione “umana”. Coloro che sarebbero deputati, in linea di principio, a definire i contorni di un “intervento” necessario e non più procrastinabile sul territorio, nelle sue varie articolazioni, e attraverso la predisposizione di un Piano di Programmazione realistico e prontamente fruibile, appaiono totalmente avulsi dal contesto, completamente incapaci di comprenderne le dinamiche e gli ambiti di operatività e di controllo perché, probabilmente, almeno questo si è indotti gioco-forza a sospettare, privi di ogni esperienza manageriale di settore e semplicemente collocati nelle posizioni apicali di rispettiva assegnazione e destinazione solamente per soddisfare (sembrerebbe, ed il condizionale è d’obbligo considerato il piano meramente argomentativo del confronto) dinamiche politiche incentrate su non meglio precisati rapporti di forza partitica.

Detto altrimenti, ed in qualche maniera più semplicemente: i Sardi tutti, ma soprattutto quelli che ancora popolano le zone interne, sono vittime più o meno inconsapevoli di un circuito illogico che li condanna all’ “abbandono” per essere considerati come la porzione oramai incancrenita di un congegno funzionante a correnti alternate, il quale sembra avere volutamente dismesso la “funzionalità” di uno dei suoi “motori” (l’interland isolano) per spiegare la sua forza trainante (o perlomeno quel che resta di essa) nel contesto delle più fortunate realtà metropolitane. Che fine hanno fatto tutti i discorsi sulla necessità di intervenire sul piano della medicina territoriale in vista di un suo necessario potenziamento? Perché in una realtà notoriamente “depressa” si continua a voler investire solamente, e male, nelle “ospedalizzazioni” trascurando l’offerta di servizi alternativi di carattere territoriale e di rispondenza pratica? Con quale coraggio si omette di fornire risposte adeguate ad una popolazione necessitante di cure e controlli di qualsiasi genere ed intensità? Perché dalla “stanza dei bottoni” di rilievo regionale si continua a voler negare ostinatamente il problema (il riferimento è alle ultimissime dichiarazioni del Presidente Christian Solinas) by-passando ed ignorando il disagio della gente comune? Chi sarà chiamato a “rispondere” (perché qualcuno dovrà pur rispondere) delle scelte scellerate compiute nel settore in discorso dal comparto politico isolano passato, recente e presente?

Perché i soggetti di volta in volta “responsabili” del buon governo del territorio si preoccupano sistematicamente di licenziare la propria riforma sanitaria proponendo formule gestionali irrealistiche siccome ispirate, per la totale assenza di capacità proprie e di conoscenza del territorio, a sistemi regionali in tutto e per tutto differenti dal nostro? “Mistero della Fede”: mi sia consentita l’esclamazione. Si è soliti dire che “chi ben comincia è a metà dell’opera”, ma, ad onor del vero, non riusciamo ad intravedere né un “inizio”, né tanto meno un’opera. Eppure, la chiave di lettura dell’intero problema, secondo il mio pensiero, risiede nella comprensione e nella consapevole attuazione controllata dei meccanismi di “assistenza territoriale”, per loro natura orientati a garantire sia l’integrazione interna tra i livelli sanitari di ordine e grado differente, ossia dalla base all’apice, sia quella esterna estrinsecantesi, più efficacemente, nel rapporto tra comunità interessate e strutture sanitarie di riferimento le quali, verosimilmente, ed in un sistema davvero funzionante, dovrebbero costituire l’ultimo stadio di cura, l’ultimo approdo del paziente.

Sarebbe necessario, in altre parole, conseguire progressivamente un progetto di abbandono della tendenza “ospedalo-centrica”, che ancora oggi sembra dominare il territorio isolano, per studiare e radicare modelli organizzativi e strumentali idonei a colmare la carente disponibilità delle risorse utili. L’ “integrazione” ed il “coordinamento” delle azioni di intervento nel contesto territoriale di riferimento rappresenta la soluzione ottimale, come pure la “partnership” tra pubblico e privato articolata nella dinamica della complementarietà. Compete ai nostri rappresentanti politici l’attuazione: non può essere, ancora una volta, tollerata l’inerzia.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato   Nuoro)

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