Si trasmette molto facilmente, ma meno facilmente provoca casi di malattia grave. E’ quel che si sa ormai sulla variante Omicron, che tuttavia sta provocando nei bambini un numero di ricoveri decisamente più alto rispetto a quello rilevato nelle precedenti ondate della pandemia.

La rivista Nature sul suo sito segnala che è un problema di molti Paesi; un altro elemento comune è che, fortunatamente, i bambini non sviluppano una forma grave della malattia.

A segnalare il problema in Italia era stata nei giorni scorsi la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), che tramite la rete dei suoi ospedali sentinella indicava che dal 28 dicembre al 3 gennaio erano aumentati dell'86% i pazienti sotto i 18 anni ricoverati per Covid, rispetto al totale dei pazienti pediatrici dei sette giorni precedenti.

Anche l'Associazione degli ospedali pediatrici italiani (Aopi), indicava, nelle ultime quattro settimane, un aumento dei ricoveri nei bambini da zero e cinque anni, sia in area medica sia in rianimazione, mentre l'Istituto Superiore di Sanità (Iss) evidenzia nel suo ultimo rapporto un aumento dei casi nei bambini in età scolare.

Negli Stati Uniti i ricoveri dei bambini per Covid rappresentano il 15% del totale, sono quattro volte più numerosi rispetto alle scorse ondate.

Le cause sono ancora da chiarire. Tra le ipotesi c’è quella che nei bambini sono minori le difese acquisite, sia con il vaccino che con infezioni avvenute in passato. Molti Paesi, rileva Nature, non hanno infatti ancora autorizzato la vaccinazione anti Covid per i bambini di età inferiore ai 5 anni e alcuni nemmeno per i bambini di età inferiore ai 12 anni. Inoltre, in molti dei Paesi che hanno approvato la vaccinazione per la fascia d'età 5-11 anni, solo una minoranza dei bambini è stata effettivamente vaccinata. Sono in termini percentuali molto meno protetti degli adulti.

Un'altra ipotesi guarda all'alto numero di mutazioni tipico della variante Omicron: non esclude che alcune possano provocare una malattia diversa, forse leggermente più grave, nei bambini più piccoli rispetto a quella finora osservata negli adulti. 

(Unioneonline/L)

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