Screening neonatali da una parte, i progressi della medicina dall’altra. In mezzo ci sono i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità: il venti per cento circa della popolazione è affetta da sordità o ipoacusia (perdita dell’udito), invalidante per circa 430 milioni di soggetti. «Abbiamo armi efficacissime per combattere i disturbi dell’udito. È fondamentale sensibilizzare pediatri e genitori sull’importanza dei test prenatali e neonatali nonché sulla necessità di osservare la reazione del bambino agli stimoli sonori nei primi mesi e anni di vita», avverte Franco Panu, responsabile dell’Otorinolaringoiatria del Policlinico Città di Quartu, ed ex direttore dell’Unità operativa di Otorinolaringoiatria e Chirurgia maxillo facciale del Brotzu. Il monito dello specialista cagliaritano arriva a pochi giorni dalla ricorrenza della Giornata mondiale dell’udito - istituita dall’Oms -, e dalla II Giornata di Sensibilizzazione dell’Udito, organizzata dalla Società italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale (SIOeChCF).

Le patologie

«Sono tantissime: si suddividono in base al distretto dell’orecchio e all’età dell’individuo». Partiamo dai bambini: «Uno su mille nasce con gravi deficit uditivi, quindi il problema è identificare in epoca neonatale, con lo screening uditivo, eventuali sordità, perché se non si interviene nell’immediato ( entro i primi tre anni di vita) si corre il rischio che non si acquisisca correttamente il linguaggio. In caso di sospetto, si procederà con ulteriori accertamenti attraverso test specifici più approfonditi, e se necessario, con l’applicazione della protesi acustica o, se questa fosse insufficiente, con l’applicazione dell’impianto cocleare: definito “orecchio bionico”. Questo consente una buona acquisizione del linguaggio, se applicato in tempo. Abbiamo poi tutta una serie di sordità che possono insorgere dopo la nascita. Partiamo dalle più banali forme di otiti catarrali dell’infanzia, molto frequenti, con sordità che vanno a incidere sul rendimento scolastico, a forme di sordità neurosensoriale più o meno gravi, insorte nell’infanzia successivamente all’epoca neonatale».

Adulti e anziani

«In età adulta le problematiche riguardano principalmente forme osteodistrofiche (otosclerosi) e infiammatorie dell’orecchio medio (otiti croniche), correggibili in gran parte con la chirurgia, o neurosensoriali , che interessano l’orecchio interno, che possono essere di origine genetica ma insorte tardivamente, autoimmune, vascolare, virale, metabolica». In età senile le problematiche uditive aumentano. «Nella terza età l’ipoacusia può essere ritenuta quasi fisiologica ; si definisce “presbiacusia”», dice Panu. «Il deficit uditivo, associato all’invecchiamento cerebrale, riduce la capacità di comprendere le parole e può causare un deterioramento cognitivo del cervello: in pratica in assenza di feedback sonori si va incontro anche al decadimento di altre funzioni, ad esempio la memoria, l’attenzione; questo è ormai scientificamente accertato». Da qui la necessità di un'azione correttiva con l’utilizzo di una protesi acustica. «Ciò è molto importante anche dal punto di vista sociale per scongiurare casi di isolamento degli anziani e le forme depressive che ne conseguono».

Danno da rumore

Appurato che una diagnosi specialistica tempestiva evita l’insorgenza di problematiche uditive più importanti, anche le cattive abitudini possono incidere pesantemente sullo sviluppo di disturbi uditivi. «Ci riferiamo in particolare al danno da rumore: chi lavora senza proteggersi in ambiente rumoroso può subire danni importanti e irreversibili, così come l’utilizzo prolungato degli auricolari per ascoltare musica a volume elevato. Abitudine decisamente nociva, che a lungo andare, può portare - a seconda della sensibilità individuale - a intaccare le cellule acustiche dell'orecchio». Individuati i principali problemi uditivi, resta il monito iniziale dello specialista: «Occupiamoci delle nostre orecchie, le cure primarie consentono oggi di risolvere gran parte dei disturbi».

Sara Marci

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