La storia - La lotta per il piccolo Gabriele e le speranze di cura, ma fuori dall'Isola
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La storia che raccontiamo, quella di una mamma (F.P.) e del suo compagno, è quella di tanti altri genitori che durante l'attesa di un figlio scoprono una rara malformazione e decidono comunque di metterlo al mondo. Per farlo, affrontano spesso le difficoltà di un trasferimento (in questo caso al Meyer di Firenze) per avere quelle cure che purtroppo in Sardegna non vengono garantite. Perché il sistema sanitario nazionale non è uguale in tutte le Regioni?, si chiedono.
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"Nel mese di agosto io e il mio compagno abbiamo scoperto di aspettare un bambino, una notizia che aspettavamo da tempo e ci ha riempito il cuore di gioia dopo un aborto avuto mesi prima. Per i primi tre mesi tutto è andato bene, nessuna nausea e nessun malessere. Ad inizio ottobre arriva il momento della translucenza e del bitest, due esami che avrebbero dovuto escludere le anomalie genetiche nel feto. Armati di tanto ottimismo e inconsapevolezza ci rechiamo all’ospedale Microcitemico per effettuare l’esame del sangue e l’ecografia di secondo livello, durante la quale si vedeva chiaramente il profilo del viso del piccolo. Spostandosi con il cursore della macchina notiamo tuttavia che l’ecografista si focalizza sul pancino del nostro bambino. Non capiamo il perché ma la sua espressione cambia e di lì a poco realizziamo che qualcosa non va. Il bambino aveva una rara malformazione all’addome: onfalocele gigante. In pratica gli addominali non si erano chiusi correttamente e i visceri addominali erano erniati esternamente con la presenza del fegato. Per noi è stata una doccia fredda ma soprattutto non sapevamo niente di questa malattia, quali fossero le conseguenze e le possibilità di vita. Con molta professionalità e delicatezza il primario ci ha spiegato meglio in cosa consisteva l’onfalocele, le possibilità di intervento al momento della nascita, le aspettative di vita e il fatto che avremmo dovuto fare altre analisi genetiche e confrontarci con un chirurgo. Nella stessa giornata mi viene effettuata la villocentesi per escludere modifiche genetiche, di cui alcune che potevano essere collegate alla malformazione".
F.P. e il compagno trascorrono quindi dieci giorni fra analisi genetiche – che risultano negative - e approfondimenti, e proprio nel periodo scoprono che il piccolo è un maschietto. Insieme a queste notizie ne arriva tuttavia un’altra, difficile da accettare.
LA SPERANZA A FIRENZE - "Il Microcitemico ci ha messo in contatto con un chirurgo pediatrico di Cagliari, al Santissima Trinità. Le sue parole sono state come lame per noi: ci ha delineato una realtà molto più nera di quella prevista. Con una terribile aggravante: in Sardegna non è possibile operare questa patologia perché purtroppo non c’è una struttura neonatale adattata".
I due giovani sardi non si perdono tuttavia d’animo, "volevamo dare una possibilità a nostro figlio. E così dopo esserci documentati per giorni, grazie ad un contatto siamo riusciti a fissare il primo controllo all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze, specializzato in interventi di questo tipo".
Nel capoluogo fiorentino scoprono “una realtà anni luce lontana dalla sanità sarda. Una struttura ospedaliera a misura di bambino ma soprattutto di genitori che, come noi, iniziavano ad affrontare un percorso così difficile e doloroso. Ci hanno adottato e seguito sia nei rimanenti mesi di gravidanza ma soprattutto negli undici mesi di vita di Gabriele Antonio, il nostro angelo. Mensilmente ci recavamo a Firenze per le visite di controllo al reparto di diagnosi prenatale del Meyer, tutto ciò naturalmente a nostre spese. Gabriele Antonio sarebbe nato a Firenze naturalmente, perché non avrebbe potuto affrontare un viaggio alla nascita, così dal mese di marzo ci siamo trasferiti, a nostre spese e con un affitto di 900 euro mensili, a Firenze. Il 23 marzo, alla 37ma settimana di gravidanza, è nato Gabriele Antonio con parto cesareo all'Ospedale Careggi. Lo hanno portato subito via da me grazie all'ambulanza cicogna".
PICCOLO COMBATTENTE - Da quel momento inizia la lotta per la vita del piccolo Gabriele: “La vita di Gabry dal giorno della sua nascita è sempre stata nella Tin del Meyer, e lì era anche la nostra. Il giorno dopo la nascita è stato operato per iniziare il riposizionamento degli organi intestinali all’interno del pancino. Da quel momento un percorso molto lungo fatto di tante paure, emozioni, delusioni, ma soprattutto di tanto amore e umanità. Purtroppo i medici hanno riscontrato in Gabry anche una grave broncodisplasia polmonare: a causa del difetto addominale i suoi polmoni non si erano sviluppati come avrebbero dovuto. Questa è stata la nostra croce, Gabriele non riusciva e non è mai riuscito a respirare in maniera autonoma. Dopo circa un mese e mezzo è stato tracheotomizzato, ma questo non è bastato perché comunque era sempre collegato a un macchinario per la ventilazione”.
Ad intervenire, a questo punto, sono la Regione Toscana e la fondazione Meyer. “Tramite loro abbiamo avuto un alloggio a Firenze, dei buoni pasto per mangiare nella mensa ospedaliera, il pass per parcheggiare l’auto in ospedale. Certo passare un anno in una piccola camera con bagno privato è stato pesante ma per Gabriele avremmo fatto qualunque cosa”.
LA REGIONE SARDEGNA - "Solo dopo la nascita di Gabriele (nessuno prima ci aveva parlato di questa eventualità) abbiamo saputo – spiega F.P. - che la Sardegna dà un sostegno alle famiglie delle persone che effettuano cure fuori Regione. Entusiasti di questo abbiamo incominciato ad informarci e procurare tutti i moduli per richiedere il sostegno. A seguito di conversazioni telefoniche ci è stato detto che era necessaria un’ autorizzazione preventiva o comunque un'attestazione da parte di un medico asl sardo sul fatto che il bambino non poteva essere operato in Sardegna. Abbiamo subito contattato l’Ospedale Microcitemico per richiedere questa documentazione in quanto nessuno aveva messo per iscritto che Gabriele non poteva essere operato in Sardegna anche se era una cosa scontata tenuto conto della mancanza di una terapia intensiva neonatale chirurgica".
Da quel momento, però, "il silenzio più totale, nessuno ha risposto alle nostre richieste e tutto è rimasto così in sospeso. In questi mesi la regione Sardegna è stata totalmente assente e noi genitori non ci siamo voluti imbattere in questioni burocratiche in polemiche o in pubblicità sul nostro caso, abbiamo deciso di dedicare ogni nostra energia e ogni nostro momento a Gabriele. Abbiamo avuto la fortuna di un lavoro che ci ha permesso di stare al fianco del nostro guerriero, e anche ciò grazie al Meyer che ha avviato tutte le pratiche per il riconoscimento della legge 104 e di conseguenza l'utilizzo del congedo straordinario retribuito. Non vogliamo parlare dei costi dei trasporti che ha sostenuto la nostra famiglia ogni volta che decidevano di venire a sostenerci personalmente e quelli affrontati durante la gravidanza mensilmente per recarci alle visite di controllo. La continuità territoriale dei trasporti sardi in questo caso è stata inesistente...".
NESSUN LIETO FINE - La storia di Gabriele, purtroppo, non ha un lieto fine, e il piccolo "dopo aver combattuto per la vita con una forza incredibile il 26 febbraio ha dovuto arrendersi ed è diventato il nostro angelo e quello della sorellina che arriverà a giugno".
"Noi ci sentiamo comunque fortunati - spiegano i genitori - perché abbiamo fatto di tutto per dare una possibilità a Gabriele, perché abbiamo avuto la possibilità economica di farlo. Però vogliamo chiedere che questa possibilità venga data a tutti e anche a chi non può affrontare le spese mediche fuori regione. Noi per 11 mesi abbiamo goduto dei sorrisi di Gabriele, abbiamo vissuto in una Tin aperta 24 ore su 24 dove noi siamo stati dei veri genitori: gli abbiamo fatto il bagnetto, cambiato il pannolino, abbiamo giocato con lui e l’abbiamo coccolato. Tutti ci hanno riempiti di complimenti per il nostro coraggio, per la forza con cui abbiamo lottato senza perdere mai la speranza e il sorriso, ma non ci siamo mai sentiti speciali… solo dei genitori che amavano immensamente il loro piccolo e che volevano solo il meglio per lui".
L'APPELLO - "Spero che questo mio racconto – conclude la mamma - possa servire ad aiutare altri genitori che vivono o vivranno la stessa situazione, ma soprattutto vorrei che il sistema di assistenzialismo sardo per chi affronta questo genere di percorsi cambi. E' giusto aiutare i genitori che vogliono dare una speranza di vita ai figli e se ciò non è possibile in Sardegna per mancanza delle strutture adeguate deve esserci per tutti la possibilità di spostarsi laddove questa è presente.
Noi nel nostro piccolo contribuiamo e abbiamo chiesto a tutti i nostri parenti e amici di aiutare la fondazione Meyer perché questo diritto si mantenga, ma spererei che anche la Regione Sardegna si muovesse in tal senso con minore burocrazia e maggiore trasparenza e informativa per le famiglie".
F.P. - Cagliari (A tutela della privacy omettiamo le generalità della lettrice)