In Francia la chiamano “grippe”, ovvero raucedine, in Italia “influenza”, poiché in passato si riteneva che un’epidemia in atto fosse causata dall’“influenza degli astri”.

Quest’anno l’Australiana – come è definita dal luogo di partenza – è arrivata in anticipo di quasi due mesi, con un’ondata violenta di contagi a partire già da novembre. E pur coinvolgendo persone di qualsiasi età, l’influenza del 2022 è particolarmente aggressiva e con rapida diffusione tra i più piccoli, soprattutto quelli in età prescolare che frequentano nidi e scuole materne.

«Sono i più indifesi per mancanza di precedenti esperienze immunologiche – spiega la pediatra e nipiologa Anna Maria Bottelli – per cui un semplice raffreddore si complica con tosse, febbre elevata (39-40°C), disappetenza e/o vomito e diarrea. Tra le diverse cause anche i virus parainfluenzali, il respiratorio sinciziale – tipico della bronchiolite tra i lattanti – e i coronavirus umani, alla base del raffreddore e noti da oltre cento anni».

InfluNet, la rete nazionale di sorveglianza epidemiologica coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità con il sostegno del Ministero della Salute, riferisce che nella fascia di età 0-5 anni vi è stato un notevole incremento, a partire dalla seconda settimana di novembre, fino ai circa 40 casi attuali su mille assistiti.

CURE E TERAPIE – Ma come comportarsi in caso di contagio? «La febbre nel bambino – spiega Bottelli – da sempre spaventa i genitori, pur consapevoli a volte che si tratti di un sintomo-difesa. Può durare 3-4 giorni e va trattata solo con antipiretici, se uguale o superiore a 38.5°C. Un presidio terapeutico utile per tutti si chiama “pazienza”, in quanto non esiste una bacchetta magica che sappia risolvere velocemente l’influenza o gli episodi febbrili in genere. Tuttavia pur senza lasciarsi prendere dalla “fobia della febbre”, il bambino, quanto più è piccolo, (soprattutto lattanti di età inferiore ai 3-6 mesi) deve essere attentamente monitorato dal medico».

Fra le terapie utili «quelle per la sintomatologia respiratoria, i cosiddetti “sintomatici” per rinite e tosse. Si sconsiglia l’uso immediato di antibiotici, da utilizzare invece solo nel caso di complicanze batteriche, quali bronchite, polmonite, otite, miocardite, etc. Tali quadri clinici sono frequenti in soggetti – bambini e adulti – affetti da malattie croniche, di tipo cardiopolmonare, renale, epatico, neurologico, o immunocompromessi».

LA PREVENZIONE – Come prevenire l’influenza e le sue complicanze? «Sono sempre validi i vecchi consigli – spiega l’esperta – : lavare frequentemente le mani, evitare di toccarsi naso, bocca, occhi dopo un colpo di tosse o uno starnuto, non frequentare luoghi affollati, arieggiare i locali dove si vive. Con il mantenimento dell’uso delle mascherine, si tratta dei dispositivi di protezione individuale già diffusi per il Covid».

La misura preventiva basilare resta poi «la vaccinazione antinfluenzale anche tra i bambini, a partire dai 6 mesi di vita. Il tipo di vaccino “tradizionale” è un quadrivalente con virus frammentati e inattivati, somministrabile per via intramuscolare. Esiste ora un tipo nuovo - spray intranasale - sempre quadrivalente, con microrganismi vivi, ma resi innocui».

L’ALIMENTAZIONE – Qualora i piccoli avessero contratto l’influenza «si consiglia un’alimentazione ricca di frutta e verdura che garantisca un buon apporto naturale di vitamina C e abbondante somministrazione di liquidi, integrati con sali minerali in presenza di diarrea. Evitare poi di forzare i tempi di convalescenza».

Alcuni si chiedono come poter differenziare la sintomatologia quando sono presenti similmente febbre, mal di gola, dolori muscoloscheletrici, tosse, rinite: influenza o Covid? «Un test diagnostico – il tampone ormai a tutti noto – può orientare verso il Covid o no, insieme al dato epidemiologico del pregresso contatto con soggetti affetti», spiega la pediatra. «La sintomatologia decisamente ora più blanda come espressività insieme a una minor durata può escludere l’influenza. Quest’ultima esordisce in modo acuto a pochi giorni dal contagio rispetto al Covid, che può manifestarsi anche due settimane dopo».

(Unioneonline/v.l.)

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