La definizione è assolutamente pertinente e indica una malattia cerebrovascolare acuta causata dall’improvvisa ostruzione (da parte di un trombo o un embolo) o dalla rottura di un vaso sanguigno che irrora l’encefalo. Nel primo caso, si tratta di un ictus ischemico, viceversa si è di fronte a un ictus emorragico. Per questo è fondamentale sensibilizzare la popolazione sul problema. Riconoscere in breve tempo il disturbo è essenziale: prima si interviene e più cellule cerebrali si possono salvare, favorendo la ripresa.

Inoltre secondo il ministero della Salute otto casi su dieci potrebbero essere evitati con un’adeguata prevenzione. Come? Adottando un corretto stile di vita.

In primo luogo, seguendo una dieta varia ed equilibrata ricca di frutta, verdura, legumi, proteine bilanciate, carboidrati in giusta misura (prediligendo la varietà integrale), riducendo l’utilizzo del sale e il consumo di carne rossa. Un regime alimentare sano che è opportuno insegnare soprattutto ai più piccoli, in un’ottica di prevenzione anche di altre patologie quali i disturbi alimentari e l’obesità.

A una dieta corretta va abbinata un’attività fisica regolare e la non assunzione di droghe, alcolici e superalcolici. Puntando su questi aspetti, si abbassano le probabilità di aumentare di peso, di avere valori sanguigni al di sopra di quelli raccomandati e di essere ipertesi.

Bisogna però ricordare che esistono fattori di rischio non modificabili, come la familiarità, il genere e l’età.

Campanelli d'allarme

Ma quali sono i segnali d’allarme da non sottovalutare e che richiedono un intervento immediato? Il Ministero della Salute afferma che occorre agire tempestivamente se si presentano uno o più dei seguenti sintomi: improvvisa riduzione o perdita di motilità e forza; deficit sensitivi (caratterizzati da formicolii e perdita di sensibilità) alla metà inferiore del viso (con asimmetria della bocca, che appare “storta” ), al braccio e alla gamba di un lato del corpo; difficoltà nel parlare e nel comprendere il linguaggio altrui; disturbi visivi a carico di uno o di entrambi gli occhi; perdita di coordinazione dei movimenti, accompagnata da una sensazione di vertigine e di sbandamento che può causare anche una caduta a terra.

Chi si trova insieme con una persona che presenta uno o più di questi sintomi deve chiamare tempestivamente il 112 o il 118 e attendere l’arrivo di un’ambulanza che trasporterà il paziente all’ospedale più vicino dove si eseguono le cure specialistiche e mirate per l’ictus (Stroke Unit).

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Gli stili di vita corretti evitano l'80% dei casi

In occasione della Giornata mondiale dell’ictus del 29 ottobre, sono stati resi noti gli ultimi dati relativi all’andamento di questa patologia. La quale, in Italia, colpisce circa 150 mila persone all’anno; di queste, circa la metà riportano disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità. Con particolare riferimento a quest’ultima, si presenta nel 19% dei casi a tre mesi dall’episodio di ictus e dal 17% al 38% dei casi a un anno di distanza dall’episodio acuto.

In generale, i dati epidemiologici diffusi dal Ministero della Salute raccontano di una mortalità per ictus del 20-30% a 30 giorni dall’evento e del 40-50% a distanza di un anno. In caso di sopravvivenza all’ictus, il 75% dei pazienti presenta qualche forma di disabilità che, nella metà dei casi, comporta una perdita dell’autosufficienza. La possibilità di essere colpiti dall’ictus aumenta dopo i 65 anni, anche se lo scorso anno si sono verificati oltre 4 mila casi tra gli under 45 e 10 mila casi tra le persone al di sotto dei 55 anni. A livello globale, l’ictus ogni anno causa oltre 6 milioni di decessi, risultando la terza causa di morte dopo la cardiopatia ischemica e i tumori. La forma ischemica di ictus è inoltre più diffusa rispetto a quella emorragica. Con questo scenario, è evidente la necessità di agire tempestivamente di fronte a uno o più campanelli d’allarme. I medici evidenziano con forza che, se è vero che esistono terapie efficaci, è altrettanto vero che esse devono essere somministrate il prima possibile dall’inizio dei sintomi; per gli ictus ischemici, l’efficacia delle cure nei primi 90 minuti è doppia rispetto all’ora e mezza successiva. Per questo motivo, è opportuno annotare l’ora d’esordio delle prime avvisaglie, in modo che i soccorritori e i medici riescano a determinare la terapia necessaria da somministrare. Un ulteriore dato che deve far riflettere è correlato agli stili di vita: l’80% dei casi di ictus potrebbe essere evitato con un’adeguata routine quotidiana che si traduce in un controllo di valori come glicemia, pressione e colesterolo, in una dieta sana e nella perdita di peso in eccesso, in una costante pratica dell’attività fisica e nell’evitare di fumare e di assumere sostanze stupefacenti o di eccedere con gli alcolici (e superalcolici).

Le conseguenze invalidanti

Come accennato, le conseguenze di un ictus sono diverse e dipendono dall’area del cervello colpita: paralisi di uno o più arti; difficoltà a inghiottire (disfagia), a parlare (afasia) e a eseguire gesti in assenza di paralisi (aprassia); impossibilità a guardare ed esplorare la metà sinistra del corpo e dello spazio; infine, il paziente può cadere in depressione a causa appunto di queste problematiche invalidanti. La riabilitazione è dunque opportuna e obbligatoria. Il paziente deve sottoporsi a un percorso fisioterapico cognitivo-motorio condotto da un’équipe multiprofessionale: neurologo, fisioterapista, logopedista, psicoterapeuta e altri specialisti, senza dimenticare ovviamente il ruolo centrale dei caregiver, che siano familiari o professionisti. Gli studi evidenziano anche l’importanza di attività creative come dipingere, fare lavori di ceramica e bricolage. Con la riabilitazione si prova infatti a dare un supporto attivo al processo di guarigione e di ripristino di alcune funzioni essenziali, evitando un peggioramento delle condizioni generali di salute del paziente.

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Alice, preziosa rete per malati e famigliari

Nel 1997, ad Aosta, il neurologo Giuseppe D’Alessandro fonda Alice, l’associazione per la lotta all’ictus cerebrale. Un’iniziativa attraverso la quale il medico specialista decide di porre al centro dell’attività associativa le persone colpite da ictus, i loro familiari, i medici specialisti nel trattamento di questa patologia, ma anche i medici di base e il personale addetto alla riabilitazione motoria e cognitiva.

Un’associazione senza scopo di lucro, alimentata dall’impegno di moltissimi volontari; rappresentando un esempio virtuoso, è stato mutuato in tutte le regioni italiane.

Per questo motivo, nel 2004 viene fondata la Federazione Alice Italia Odv inglobando tutte le associazioni territoriali, espressioni di numerosissime realtà locali; presieduta all’inizio da D’Alessandro, attualmente è guidata da Andrea Vianello ed è presente anche in Sardegna, a Cagliari. Qui è anche possibile rivolgersi al Centro ictus presso l’A.O. Brotzu di piazzale Ricchi, mentre gli altri due Centri hanno sede rispettivamente presso l’ospedale San Francesco di via Mannironi a Nuoro e l’ospedale SS. Annunziata, in via De Nicola a Sassari.

Tutti i contatti sono disponibili per la consultazione sul sito dell’associazione: www.aliceitalia.org.

L’associazione si prefigge una serie di obiettivi, come la diffusione dell’informazione sulla curabilità della malattia e, prima ancora, sul riconoscimento tempestivo dei sintomi e delle condizioni che ne favoriscono l’insorgenza. Inoltre, la Federazione pone l’accento sulla necessità di creare un collegamento tra le figure professionali coinvolte nel percorso riabilitativo del paziente, considerando la cura di quest’ultimo e il suo reinserimento nella vita sociale quotidiana protagonisti assoluti e indiscussi di ogni attività. Attraverso Alice, infine, si intende veicolare il messaggio importante della prevenzione per non incorrere in ricadute.

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