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Artrite psoriasica, serve una terapia multidisciplinare
Come si scopre se si soffre di artrite psoriasica?
L’artrite psoriasica è una patologia che fa parte delle artriti croniche infiammatorie immuno-mediate. L’infiammazione ha origine prevalentemente a livello delle entèsi, il punto in cui tendini e legamenti si attaccano all’osso con un interessamento, a volte, anche della membrana sinoviale che può essere infiammata. L’artrite psoriasica è una patologia piuttosto eterogenea, che interessa numerosi “domini” sia articolari sia scheletrici che cutanei; la psoriasi cutanea è solitamente presente prima che compaiano i problemi a livello muscolo-scheletrico. I domini coinvolti sono importanti perché caratterizzano le diverse forme di artrite psoriasica che possono interessare le articolazioni periferiche come ginocchia, caviglie, i polsi, le mani; forme che possono interessare i diversi segmenti della colonna vertebrale e alcune articolazioni a livello del bacino; forme che interessano esclusivamente le entèsi, che sono piccole strutture in cui il tendine si inserisce sull’osso; e poi le forme cosiddette oligoarticolari nelle quali vengono interessate meno di cinque articolazioni periferiche. A seconda della tipologia si avranno sintomi di esordio un po' diversi. Nelle forme assiali il sintomo di esordio è il mal di schiena infiammatorio; se la forma è periferica, il sintomo prevalente è il dolore articolare con segni di infiammazione (gonfiore, rossore, dolore). Nella maggior parte dei casi l’insorgenza dell’artrite arriva dopo quella della psoriasi cutanea, qualche volta in contemporanea, molto raramente compare prima l’artrite e poi la psoriasi. Artrite psoriasica e psoriasi sono due malattie strettamente collegate, perché i meccanismi patogenetici immunitari che sottendono alla psoriasi sono molto simili a quelli che sottendono all’artrite psoriasica. In alcuni casi, anche le terapie che vengono impiegate per la psoriasi cutanea sono in grado di tenere a bada l’eventuale l’insorgenza artritica non ancora particolarmente evidente. L’artrite psoriasica è una patologia cronica e infiammatoria che, a seconda del distretto colpito, ha ripercussioni molto importanti sulla vita del paziente. Come tutte le artriti, quando sono in fase di attività riducono la completa partecipazione alla vita di relazione, all’attività lavorativa, alle attività sociali, riducendo le stesse attività familiari. Ne deriva una forte compromissione della qualità di vita dei pazienti, anche se tutto questo dipende dalla tipologia di artrite psoriasica e dalla sua gravità. Una seconda considerazione importante riguarda il fatto che questi pazienti accusano dolore, che di per sé crea molti problemi, non solo a livello fisico ma anche psicologico. Nel tempo, se la malattia non viene adeguatamente trattata. Il medico di medicina generale deve indirizzare il paziente dal reumatologo. Dall’altro lato, la collaborazione tra dermatologo e reumatologo è essenziale per diagnosticare la malattia in una fase precoce nei pazienti con psoriasi cutanea.
Roberto Caporali, direttore dipartimento di Reumatologia e Scienze mediche ASST Gaetano Pini CTO di Milano
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Celiachia e pelle, i sintomi atipici
È vero che la celiachia si può manifestare anche con sintomi e segni sulla pelle?
Macchie sui denti oppure sulle unghie, lesioni e bolle sulla pelle in corrispondenza di gomiti e ginocchia, piccole chiazze di alopecia oppure di vitiligine: possono tutti essere sintomi “estetici” della celiachia. La difficoltà a riconoscere la celiachia può essere dovuta all’assenza di sintomi, anche in gruppi a rischio, come i soggetti affetti dal diabete oppure familiari di primo grado di persone celiache. Vi sono poi sintomi “atipici”, come alterazioni dello smalto dentale con facilità a sviluppare carie, piccole chiazze di alopecia oppure di vitiligine, macchie sulle unghie, fino a lesioni cutanee spesso misconosciute. I sintomi atipici, a partire da quelli estetici, interessano circa il dieci per cento delle persone affette dall’intolleranza permanente al glutine. Con una maggiore attenzione anche nei confronti di queste manifestazioni è possibile sospettare la celiachia e, al termine del percorso diagnostico medico specialistico, individuare nuovi celiaci. Contribuendo così a far emergere in età pediatrica e in generale nella popolazione questa malattia.
Angela Calvi, Responsabile del Centro regionale per la Celiachia IRCCS Gaslini di Genova
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Tumori, se lo sport è come una medicina
Perché l’attività fisica è importante nella prevenzione dei tumori?
Una regolare attività fisica contribuisce, assieme ad altri idonei stili di vita, come un’alimentazione sana, non fumare e non eccedere nell’alcol, a prevenire più del 40% dei tumori. Questo per il suo effetto modulatorio su varie vie metaboliche e ormonali, per il potenziamento dell’attività immunitaria e per l’effetto antinfiammiatorio, visto che un’infiammazione cronica favorisce l’insorgenza di un tumore, così come di altre malattie degenerative. D’altra parte fare attività fisica, di qualunque tipo essa sia, in corso di terapie antitumorali, non solo non è controindicato, ma dovrebbe rientrare tra le prescrizioni mediche per tutti i pazienti neoplastici. Le donne con carcinoma mammario che praticano ogni giorno 30 minuti di camminata veloce tollerano meglio i trattamenti e hanno un minore rischio di recidiva tumorale. Di contro le donne sedentarie e obese hanno un rischio di morte da carcinoma mammario superiore, fino al 30%, rispetto alle donne attive. L’esercizio fisico comincia dal preferire le scale all’ascensore e dal camminare a piedi e può arrivare a qualunque attività gradita e tollerata dai pazienti.
Daniele Farci, responsabile Oncologia Nuova casa di cura Decimomannu e coordinatore regionale Aiom
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Fare coming out superando le ansie
Come superare il timore di poter essere gay?
Il dubbio di essere omosessuale, in alcune persone, può divenire l’epicentro di un malessere emotivo profondo. Queste persone non mostrano un effettivo conflitto sull’orientamento sessuale bensì sviluppano un pensiero intrusivo dettato da emozioni che riguardano il senso di insicurezza, la difficoltà a fidarsi di sé, la svalutazione dell’identità. L’ossessione è sintomo di una paura interna e lo smarrimento che il paziente proverebbe se scoprisse di essere omosessuale ha a che vedere con la ridefinizione dell’identità. Dal punto di vista comportamentale, questi individui cercano di ridurre l’ansia chiedendo rassicurazioni sulla propria sessualità, controllando il proprio corpo in cerca di segnali fisici di eccitamento alla vista di una persona del sesso opposto, cercando di capire se trovano attraenti le persone del loro stesso sesso. Il primo passo è quello di chiedersi perché quest’idea sia così inaccettabile, capire che significato ha per il soggetto, anche indagando eventuali pregiudizi e stereotipi implicati; successivamente è importante comprendere che la strategia del controllo ha un’utilità solo momentanea che alimenta incertezze.
Marco Pinna, psicologo clinico, Centro Bini Cagliari, Clinica psichiatrica e SPDCSS Trinità