L’estate è entrata nel vivo, il grande caldo è arrivato, ma andare al mare o in villeggiatura in piena sicurezza è possibile. Basta infatti prestare attenzione ad alcune semplici regole per tutelare la nostra pelle, trovando l’equilibrio ideale nel corso della giornata ed evitando di sottoporla a uno stress eccessivo sotto il sole bollente.

Creme e orari

L’utilizzo delle creme protettive è chiaramente alla base di una corretta routine preventiva. Quelle che dispongono di filtro solare con protezione Uva-Uvb, insieme ad altri metodi di foto-protezione, riescono non solo a ridurre il rischio di scottature estive, ma anche a proteggere dall’insorgenza di tumori cutanei.

Il livello di protezione di una crema solare è indicato dalla sigla Spf (Sun protection factor - fattore di protezione solare) presente sulla confezione, mentre i tessuti anti-Uv si caratterizzano per il parametro Upf (Ultra-violet protection factor). Queste informazioni sono molto importanti ed è fondamentale prestare la dovuta attenzione. Bisogna poi evitare le ore più calde del giorno, perché sono quelle in cui l’azione dei raggi ultravioletti è più potente e ci si espone a un rischio maggiore. Un altro aspetto da tenere in forte considerazione è l’errata convinzione che, una volta sotto l’ombrellone, si sia al sicuro e al riparo da ogni rischio, così come quando il cielo è leggermente nuvoloso: nulla di più sbagliato. In realtà, i raggi riescono a passare anche attraverso le nuvole e si finisce per sviluppare comunque delle problematiche alla pelle. Quando si va in spiaggia, anche se il cielo sembra coperto e nuvoloso, bisogna dunque applicare la protezione solare o indossare una maglietta. Stesso discorso quando si è sotto l’ombrellone: una giornata all’ombra potrebbe riservare comunque delle brutte sorprese.

Gli eritemi

La prolungata esposizione ai raggi solari provoca, come conseguenza primaria, l’eritema, un’infiammazione che si può manifestare in tutta la sua violenza fino a 24 ore dopo l’esposizione. Una problematica che si contraddistingue per una gravità piuttosto variabile: si va dalla scottatura limitata agli strati superficiali della cute fino a ustioni di primo e secondo grado, nei casi peggiori. I sintomi prevalenti comprendono bruciore, dolore, gonfiore, secchezza, calore, prurito o dolore e sensibilità della pelle al tatto. In caso di eritema solare particolarmente grave possono presentarsi anche febbre, stato confusionale, vomito e nausea come sintomi collaterali e decisamente fastidiosi. Questo disturbo ha la tendenza a guarire in maniera spontanea nel corso di 4-5 giorni, durante i quali è consigliabile evitare un’ulteriore esposizione alla luce solare, fino al raggiungimento della completa guarigione. Se necessario, il medico può prescrivere delle pomate cortisoniche e antibiotiche, oltre all’applicazione di impacchi di acqua fresca o tiepida sulle parti arrossate, oppure di altri prodotti lenitivi.

Il rischio dei tumori

Chi si espone con frequenza ai raggi del sole senza protezione, è un soggetto maggiormente soggetto alla possibilità di sviluppare un tumore cutaneo. Nel 90% dei casi, i carcinomi insorgono su delle aree anatomiche cronicamente fotoesposte. L’incidenza del melanoma cutaneo è aumentata drasticamente negli ultimi 20 anni: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha indicato all’incirca 132mila nuovi casi all’anno a livello mondiale.

Una crescita violenta che è però dovuta in larga parte anche alla maggiore cultura della prevenzione: l’aumento dei controlli preventivi ha generato a sua volta l’incremento della diagnosi precoce. Merito delle campagne di educazione sanitaria, che hanno generato una maggiore sensibilità nei confronti di questa patologia. Grazie a questo rinnovato approccio, la quota di melanomi scoperti con una prognosi ancora favorevole è cresciuta fino a sfiorare il 70%. Uno scenario che è riuscito così a migliorare le percentuali di sopravvivenza: nel 1960 solamente la metà dei malati di melanoma era ancora in vita a cinque anni dalla prima diagnosi, mentre attualmente lo è circa l’80%, con un miglioramento del 30%.

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Imparare a conoscere i raggi ultravioletti

Quando si parla di esposizione eccessiva al sole, bisogna inevitabilmente parlare dei raggi ultravioletti. Questi raggi, però, presentano una differenziazione da non trascurare: quella tra raggi Uva e raggi Uvb. I primi sono certamente i più diffusi - rappresentano, secondo gli studi, il 95% di quelli che arrivano sulla nostra superficie terrestre e sono presenti nel corso di tutto l’anno - e anche quelli più temibili. Riescono infatti a superare le nuvole e anche le superfici in vetro, penetrando nella pelle fino a raggiungere il derma. Sono questi raggi a essere responsabili di reazioni cutanee e intolleranze solari, accrescendo inoltre il rischio di sviluppare patologie serie come i tumori cutanei. I raggi Uvb, che rappresentano il 5% rimanente delle radiazioni, sono più intensi dei raggi Uva, ma subiscono un’azione di schermatura da parte di protezioni solari e nuvole. Consentono l’abbronzatura, ma se la pelle non è protetta in maniera adeguata generano forti arrossamenti. 

Le tempistiche

Una scottatura generata dai raggi Uvb raggiunge il suo picco in termini di aggressività tra le 6 e le 24 ore che seguono all’esposizione: raramente, in questo caso, si osserva una reazione eritematosa immediata, che è una prerogativa dell’esposizione ai raggi Uva e delle scottature classiche generate dall’esposizione al sole. Questi ultimi sono anche i responsabili dell’invecchiamento della pelle: un’esposizione prolungata finisce infatti per innescare il sistema di fotocarcinogenesi e di fotoinvecchiamento, con conseguente perdita di fibra di collagene e depositi di materiale elastico degenerativo anormale all’interno della pelle.

Occhio alle labbra

Grande attenzione deve essere prestata alla protezione delle labbra: molti soggetti sono infatti portati a sviluppare la cheilite attinica, che colpisce il labbro inferiore ed è nota con il nomignolo di “labbro del marinaio”, poco scientifico ma che rende bene l’idea, considerando l’esposizione prolungata al sole tipica di chi svolge questo lavoro.

L’epitelio delle labbra, che di natura risulta essere più vulnerabile rispetto all’epidermide, finisce per presentare delle lesioni cheratosiche che possono rendere il labbro dolorante a causa di elementi biancastri, di estensione variabile e distribuzione irregolare. Pur essendo una lesione benigna, è ritenuta pre-cancerosa. Nel tempo, questa tipologia di lesione  può dunque degenerare e dare luogo a tumori della pelle.

I trattamenti

Il trattamento più frequente riguarda pomate ad applicazione locale, sia cortisoniche che antibiotiche. Il paziente deve quindi sottoporsi a un monitoraggio clinico per verificare l’efficacia della terapia. In caso di persistenza dell’alterazione si rende necessario un approccio chirurgico, se lo specialista lo ritiene necessario.

La cheilite si può prevenire con l’applicazione sulle labbra di prodotti a elevato fattore di protezione anti-Uv, proprio come le creme utilizzate per il resto del corpo. Questa patologia insorge soprattutto dopo i 50 anni di età e le persone con carnagione chiara risultano essere le più vulnerabili, ma sono a rischio anche i giovani che si espongono al sole senza protezione.

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I diversi fototipi: la melanina incide sulle scottature

Un fattore decisivo nello sviluppo di patologie della pelle legate all’esposizione al sole è quello del fototipo. Quando si parla di fototipo, si intende una classificazione utilizzata in dermatologia e basata sulla qualità e la quantità di melanina presente nella pelle: la melanina, generata dai melanociti che sono nella parte basale dell’epidermide, è la determinante principale del colore della cute. Questa produzione di melanina avviene quando i melanociti sono sottoposti a una prolungata esposizione solare: si tratta però di una tipologia diversa in base al singolo individuo.

Le indicazioni

Le diverse categorie esistenti di fototipo riescono a indicare le reazioni della cute all’esposizione ai raggi ultravioletti e, di conseguenza, la tipologia di abbronzatura che è possibile ottenere. I fototipi sono sei, secondo la “classificazione di Fitzpatrick”, in base alle diverse caratteristiche presenti nell’individuo. Il fototipo VI è quello che contiene più melanina, la sostanza responsabile dell’abbronzatura, mentre il tipo I è quello che ne contiene di meno. Nei casi di fototipo di tipo I, la melanina è nulla e si deve dunque parlare di albinismo: per questi soggetti, anche la minima esposizione alla luce solare può essere pericolosa per la pelle e per la salute.

Più il fototipo di una persona è “basso”, più risulta alto il rischio di incappare in scottature; inoltre l’abbronzatura può diventare molto lieve e difficoltosa. I fototipi prevedono anche una determinata colorazione di occhi e capelli, anche se in questo caso è impossibile generalizzare. Di solito, chi fa parte del fototipo I presenta occhi azzurri chiari o grigi, capelli rossi o biondi molto chiari, lentiggini sulla pelle; il fototipo VI prevederebbe, invece, occhi marroni scuri, capelli neri, nessuna lentiggine. Si tratta però di una classificazione che non può assumere valore universale.

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