Il dolore rappresenta un sistema di allarme del nostro organismo in presenza di una qualsiasi malattia che compare durante la nostra vita. Circa il 75% dei pazienti che si rivolgono al proprio medico o al Pronto Soccorso di un ospedale lo fanno per l’improvvisa comparsa di un intenso dolore. In questo caso si tratta di un dolore acuto o di una recidiva di dolore cronico (pensiamo al mal di schiena) che ha il fine di allarmarci di uno stato fisico alterato che potrebbe portare gravi conseguenze per la nostra salute.

Del dolore, oggi sistema d’allarme, domani sindrome di malattia, si è parlato a “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda. In studio, insieme al giornalista Fabrizio Meloni, responsabile della Comunicazione e delle relazioni esterne dell’Aou, erano presenti il professor Gabriele Finco, direttore di Anestesia e rianimazione del policlinico Duilio Casula e la dottoressa Cristina Deidda, del Centro di cure palliative e terapia del dolore del San Giovanni di Dio.

«Il dolore acuto», spiega il professor Finco, «ha un significato importante che non deve essere mai trascurato dai pazienti e soprattutto dai medici. Tuttavia, il dolore non deve perdurare per troppo tempo, perché poi diventa cronico (si definisce cronico un dolore che perdura per più di tre mesi) e determina l’insorgenza di meccanismi fisiopatologici nel sistema nervoso centrale che mantengono essi stessi il dolore o addirittura lo peggiorano e lo rendono poco responsivo ai trattamenti medici. Oggi si distinguono due tipologie di dolore cronico: da cancro e non da cancro (benigno). Le due tipologie di dolore hanno trattamenti e risultati completamente differenti e devono essere curati da figure professionali con diverse caratteristiche e propensioni. Il dolore da cancro trae nel 90% dei casi buono/ottimo beneficio dai trattamenti puramente farmacologici e da terapie “olistiche” (volgarmente dette complementari) e richiede la presa in carico di un paziente che spesso non potrà guarire ed in cui è fondamentale instaurare un’assistenza spirituale, sociale ed economica. Tutto ciò è all’origine delle Cure Palliative».

«Il dolore non da cancro in Italia affligge il 25-30% della popolazione e si manifesta con vere e proprie sindromi di dolore, esse stesse malattia», evidenzia la dottoressa Deidda. «È difficile da trattare e richiede l’intervento di veri specialisti e del lavoro di equipe, dove insistono diverse professionalità mediche e non mediche, in primis fisioterapisti. La regione Sardegna ha pochi centri per il dolore ma di alta qualità, che garantiscono un’adeguata analgesia in un’alta percentuale di pazienti. Quello che deve essere ancora fatto è la costituzione della rete di Cure Palliative e la rete del dolore cronico non da cancro, dove i pazienti si possano rivolgere senza ritardi terapeutici e con un’adeguata presa in carico».

Luca Mirarchi

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