Sei ore e cinquantotto minuti ogni giorno, due giorni e mezzo alla settimana; che in un mese fanno 210 ore. È questo il tempo sottratto alla vita reale e impegnato in quella virtuale. Numeri importanti, riportati nell’ultimo Global digital report, che hanno fatto accendere i riflettori su un nuovo disturbo: la dipendenza dalla tecnologia. Male figlio dei tempi, di cui si occupa un team di professioniste riunite nello sportello “Prigioni invisibili”: progetto portato avanti dal Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia dell'Università di Cagliari e sostenuto dalla Fondazione di Sardegna.

Iperconnessi e isolati

«Siamo partiti tre anni fa, rivolgendoci principalmente a bambini e adolescenti, per poi estendere il raggio d’azione anche agli adulti», spiega Carla Ghiani, psicologa e responsabile operativa. «Iniziamo con un dato significativo: gli adolescenti italiani trascorrono in media sette ore al giorno sul web. E certamente la pandemia ha aumentato tantissimo i livelli di esposizione agli strumenti tecnologici, facendo emergere prepotentemente tutti i problemi che un loro uso eccessivo comporta». Si parla di disturbi importanti che vanno a intaccare anche pesantemente diverse sfere della vita di ognuno di noi: «Problemi di socialità, disturbi del sonno, tendenza all’isolamento sino alla manifestazione di comportamenti aggressivi e di condotte violente». Anche nel caso dei più piccoli.

Abuso e dipendenza

«Ci siamo occupati anche di un bambino di quattro anni, figlio di genitori molto impegnati con il lavoro per i quali la tecnologia è diventata una sorta di baby sitter, creando una vera e propria dipendenza nel bimbo con tutto ciò che ne consegue», racconta la psicologa. «Ma in generale nel caso di giovani sino ai dodici anni si parla più frequentemente di abuso, per adolescenti e adulti di dipendenza, assimilabile, in caso di allontanamento forzato da smartphone o computer, alla crisi di astinenza di un tossicodipendente». Videogiochi in rete, video su YouTube, social network, realtà virtuali che sembrano prendere prepotentemente il sopravvento sul mondo reale. Una deriva pericolosa che la Ghiani e le colleghe cercano di arginare attraverso lo sportello online: in concreto offrono un orecchio esperto e supporto concreto davanti alle richieste d’aiuto di chi vive il problema in prima persona e di chi cerca sostegno per quel figlio troppo piccolo e connesso per individuare il confine tra uso sano e consapevole della rete e l’eccesso. Per questo prevenzione e informazione diventano le parole d’ordine per contrastare il fenomeno.

Prevenzione e regole

«Ogni caso è a sé, e come tale va trattato, tenendo ad esempio conto dell’età e anche del carattere dell’individuo. Per capirci: in un soggetto molto timido e con una bassa autostima probabilmente vi sarà terreno fertile per un abuso prima e una dipendenza poi», precisa l’esperta. «Certamente tutti noi dobbiamo porci delle domande, offrire ai nostri ragazzi delle alternative agli strumenti tecnologici e dettare delle regole». Anche in termini di tempo, come ad esempio già capita in Cina, dove ai giovani è vietato utilizzare i videogiochi dalle 22 alle 8 e comunque per non più di novanta minuti al giorno. «Stabilire dei tempi di utilizzo credo sia fondamentale, soprattutto quando si parla dei più piccoli. Esistono anche delle applicazioni apposite. Non si tratta ovviamente di demonizzare la tecnologia, sarebbe anacronistico e sbagliato, ciò che bisogna fare è combattere il suo utilizzo smodato. Riassorbendo anche l’emorragia che abbiamo creato con la scuola in dad, nonni e parenti visti via Skype e tutto ciò che la pandemia ha reso quasi normale». L'accesso allo sportello è gratuito e aperto a bambini, ragazzi e adulti, genitori e docenti di tutta la Sardegna, previo contatto all'indirizzo mail prigioniinvisibili@unica.it, attraverso la pagina Facebook (Prigioni Invisibili) o su Instagram.

Sara Marci

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