A partire dalla seconda metà del XX secolo, lo sviluppo e il conseguente impiego degli antibiotici ha rivoluzionato approccio - e relativa cura - verso le malattie infettive. Tuttavia, nell’arco degli ultimi anni si sta verificando una resistenza a questo tipo di farmaco che rischia, a lungo andare, di vanificare o quantomeno indebolire il progresso scientifico di cui sopra. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è tanto crescente da essere divenuto, da parte della sanità pubblica italiana, oggetto di valutazione (e relativi investimenti) suddivisa per patogeno, antibiotico stesso e per area geografica.

Numeri e cause del fenomeno

Entro il 2050 potrebbero esserci circa dieci milioni di morti all’anno nel mondo a causa dell’antimicrobico-resistenza, pari al totale mondiale dei decessi per tumore che si sono registrati nel 2020. Dal punto di vista nazionale, si stimano circa 11.000 decessi, quasi un terzo del dato complessivo dell’Unione europea che si attesta intorno ai 36.000 casi.

L’Italia si colloca al secondo posto dopo la Grecia tra i paesi menbri dell’Ue rapportando il dato del fenomeno per 100.000 abitanti. Le cifre sono state diffuse ad aprile dall’European Centre for Disease Prevention and Control, in occasione della quinta edizione del Forum AMR organizzato dall’Associazione delle imprese del farmaco. In estrema sintesi, i dati raccontano che un antibiotico su quattro è utilizzato in modo improprio e questo è uno dei principali fattori scatenanti dell’antibiotico-resistenza. Tra le altre cause si annoverano l’uso degli antibiotici in zootecnia e agricoltura, anche se da circa una quindicina d’anni la somministrazione è sorvegliata e autorizzata solo in casi di stretta necessità; la diffusione delle infezioni correlate all’assistenza causata da microrganismi antibiotico-resistenti; una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuta a un aumento dei viaggi e degli spostamenti, specie all’estero; l’interruzione dei trattamenti antimicrobici; lo scarso controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie; la scarsa igiene personale; la mancanza di nuovi antibiotici.

In tutti questi casi si tratta di una resistenza “acquisita” mediante un adattamento dell’organismo umano a una determinata condizione venutasi a creare. Ci sono però anche casi di resistenza naturale, che si registrano quando un microrganismo si dimostra per sua natura resistente alla cura antibiotica.

L’Istituto superiore di Sanità evidenzia che “l’uso continuo degli antibiotici aumenta la pressione selettiva favorendo l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti. Inoltre, la comparsa di patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici (multidrug-resistance) riduce ulteriormente la possibilità di un trattamento efficace. È da sottolineare che questo fenomeno riguarda spesso infezioni correlate all’assistenza sanitaria, che insorgono e si diffondono all’interno di ospedali e di altre strutture sanitarie”.

Farmaco-resistenza, la cornice

L’antibiotico-resistenza si inserisce in un contesto ancora più complesso: la resistenza ai farmaci. A lanciare l’allarme - in linea con quanto riportato rispetto alla resistenza all’antibiotico - è la Società italiana di farmacologia, la quale sottolinea che “l’efficacia dei farmaci non è sempre scontata”.

Può accadere, infatti, che alcuni farmaci - come appunto nel caso degli antibiotici ma anche nel campo delle terapie oncologiche - che per un certo periodo hanno prodotto benefici, possano a un certo punto perdere di efficacia. Perché avviene questo? “I microrganismi o le cellule tumorali, dopo aver subito l’aggressione da parte del farmaco - spiega la Società italiana di farmacologia - a un certo punto sviluppano delle strategie intelligenti per resistere ed evadere dall’azione del farmaco. Soprattutto per quanto riguarda gli antimicrobici, il fenomeno della resistenza è legato a un eccessivo o inadeguato utilizzo”. Proprio per questo motivo, quindi, è sempre importante assumere antibiotici, antivirali, antifungini esattamente secondo la prescrizione del medico curante. Le resistenze a farmaci e antibiotici non riguardano infatti solo i batteri, ma anche i virus, i parassiti e i funghi microscopici.

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Un Piano nazionale in ottica One Health, strategia precisa per fronteggiare questa emergenza

Secondo l'ultimo rapporto nazionale Osmed del 2020, nell'anno precedente quattro persone su dieci avevano ricevuto una prescrizione antibiotica, con un livello maggiore riguardante i bambini al di sotto dei cinque anni e gli over 85.

L'Italia è dunque lontana dall'utilizzo limite del 10% fissato dal Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico resistenza. L'esigenza di approvare, il 30 novembre 2022, questo Piano nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni, conferma quanto sia critica la situazione rispetto all'antibiotico resistenza. Si tratta, come riportato all'interno dello stesso documento del Piano scaricabile dal sito del Ministero della Salute, di "uno strumento flessibile" che tiene conto "delle caratteristiche e peculiarità dei diversi contesti regionali" per monitorare "l'implementazione del Piano nazionale sull'intero territorio".

Il documento segue l'omologo del triennio 2017-2020 (prorogato a dicembre 2021), ereditandone i successi e fermandosi a riflettere sulle criticità emerse. Nasce con l'obiettivo di fornire all'Italia le linee strategiche e le indicazioni operative per fronteggiare nei prossimi anni questa nuova emergenza. Il Gruppo di lavoro (istituito il 3 novembre 2017 con decreto del Direttore generale della prevenzione sanitaria) che ha predisposto il Piano, lo ha stilato basandosi su un approccio multidisciplinare che ha come obiettivo la salute globale (One Health), promuovendo quindi un costante confronto in ambito nazionale e internazionale. Il Piano si articola in quattro aree: formazione; informazione, comunicazione e trasparenza; ricerca, innovazione e bioetica; cooperazione nazionale e internazionale. A queste si affiancano, come evidenziato dal Ministero della Salute, tre pilastri dedicati ai principali ambiti di intervento, prevenzione e controllo dell'antibiotico-resistenza per quanto riguarda i settori umano, animale e ambientale.

Si tratta, nello specifico,  della sorveglianza e del monitoraggio integrato dell'antibiotico-resistenza, dell'utilizzo del farmaco stesso, delle infezioni correlate all'assistenza e al monitoraggio ambientale, oltre a una prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza (Ica) in ambito ospedaliero e comunitario delle malattie infettive, nonché l'uso appropriato degli antibiotici stessi sia in ambito umano sia in ambito veterinario.

I sei obiettivi del documento

Sono invece sei gli obiettivi relativi alla strategia di contrasto all'antibiotico-resistenza. Nel dettaglio, il Piano intende rafforzare la prevenzione e la sorveglianza delle Ica in ambito ospedaliero e comunitario, l'approccio della salute globale, nonché la cooperazione nazionale e la partecipazione italiana alle iniziative internazionali nel contrasto a questo fenomeno.

Dal punto di vista della promozione, il Piano intende caldeggiare l'uso appropriato di questi farmaci, riducendo la frequenza delle infezioni umane e animali causate da microrganismi resistenti; intende altresì promuovere l'innovazione e la ricerca nell'ambito della prevenzione, diagnosi e terapia delle infezioni resistenti agli antibiotici. Infine, il sesto obiettivo del Piano nazionale di contrasto all'antibiotico-resistenza riguarda il miglioramento della consapevolezza della popolazione e la promozione della formazione degli operatori sanitari e ambientali in ambito di contrasto del fenomeno.

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La foto dell’Aifa: livelli allarmanti nel nostro Paese

L'Agenzia italiana del farmaco ha curato il "Manuale antibiotico Aware", confluito in due pubblicazioni - una rivolta  agli adulti e un'altra ai bambini - e presentato a inizio anno a Roma. Si tratta dell'edizione italiana del volume presentato a fine 2022 dall'Organizzazione mondiale della Sanità; la pubblicazione italiana tiene conto delle indicazioni di quest'ultima selezionandole e adattandole al contesto italiano, considerando anche la disponibilità dei farmaci in Italia per le dieci sindromi di più facile osservazione nei pazienti infantili e adulti.

Una classifica che preoccupa

Per quanto riguarda il nostro Paese, il quadro che emerge è allarmante. Nel documento si legge che "l'’implementazione e la diffusione dei programmi di corretto uso della terapia antibiotica in Italia è ai livelli più bassi in Europa e ha la medesima valutazione di Lettonia, Polonia e Lituania. La prevenzione delle infezioni ospedaliere che costituisce il 65% delle infezioni resistenti agli antibiotici, è ai livelli più bassi in Europa insieme alla Romania. E, per quanto riguarda il profilo di resistenza, l'Italia si colloca al quinto posto tra i Paesi ad alto reddito per indice di resistenza agli antibiotici subito dopo Lettonia, Irlanda, Slovacchia e Spagna". Secondo il documento, le cause che non permettono all'Italia una reale svolta sono numerose. Tra queste, "l'incompleta aderenza al lavaggio delle mani negli ospedali, l'abuso di prescrizione con dosaggi e durata errati, la non corretta adesione ai protocolli in materia di applicazione dei cateteri venosi e urinari".

Anche questo documento, così come il Piano nazionale di contrasto all'antibiotico-resistenza, evidenzia l'importanza di un approccio globale One Health nei confronti del fenomeno, con un'apertura italiana verso il confronto con gli altri Paesi al fine di individuare e adottare strategie che, con il tempo, potrebbero risultare vitali.

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