Dopo la campagna lanciata nei mesi scorsi con un preciso appello affinché fosse garantito un accesso equo ai vaccini contro il coronavirus, Amnesty International (e in particolare la sezione Italia), che ha continuato a monitorare lo sviluppo e l’attuazione delle misure di salute pubblica scelte dai vari Paesi, torna sulla questione dello stato di emergenza parlando anche della presunta discriminazione a carico dei cittadini non vaccinati.

Nel documento, in particolare, viene sollecitato il governo italiano “a riconsiderare attentamente se prorogare la misura”, in quanto “tutte le misure di carattere emergenziale devono rispondere ai principi di necessità, temporaneità e proporzionalità''.

“Qualsiasi politica di salute pubblica – aggiunge - deve essere basata sull’evidenza scientifica più aggiornata e verificabile, motivata da comprovate ragioni oggettive e accompagnata da metodi di comunicazione chiari e trasparenti”.

Inoltre, seppur riconoscendo la “legittima preoccupazione degli Stati di aumentare i tassi di vaccinazione come parte di un’efficace risposta di salute pubblica al Covid-19, Amnesty International non sostiene i mandati di vaccinazione obbligatoria generalizzati ed esorta gli Stati a considerare qualsiasi requisito di vaccinazione obbligatoria solo come ultima risorsa e se questi sono strettamente in linea con gli standard internazionali sui diritti umani”.

In pratica si fa riferimento al fatto che i Paesi debbano concentrarsi “sull’aumento dell’adesione volontaria al vaccino”, pur riconoscendo che ci sono “alcune eccezioni limitate che possono permettere agli Stati di imporre l’obbligo di vaccinazione, purché questi requisiti soddisfino i principi di legalità, legittimità, necessità, proporzionalità e non discriminazione”. Questo significa, viene sottolineato, “che ci sono casi in cui l’obbligo di vaccinazione può essere giustificato, purché sia stabilito dalla legge, ritenuto necessario e proporzionato a uno scopo legittimo legato alla protezione della salute pubblica, e fornisca garanzie e meccanismi di monitoraggio per assicurare che questi requisiti non si traducano in violazioni dei diritti umani. Inoltre, tutti gli Stati devono assicurarsi che qualsiasi proposta di obbligo di vaccinazione sia mirata, limitata nel tempo e adottata solo come ultima risorsa. Deve anche essere accompagnata da una logica basata sull’evidenza che spieghi perché l’obiettivo non possa essere raggiunto con misure meno restrittive”.

Per quanto riguarda il Green pass rafforzato, viene ancora scritto nel documento, “deve trattarsi di un dispositivo limitato nel tempo e il governo deve continuare a garantire che l’intera popolazione possa godere dei suoi diritti fondamentali, come il diritto all’istruzione, al lavoro e alle cure, con particolare attenzione ai pazienti non-Covid che hanno bisogno di interventi urgenti e non devono essere penalizzati”. Ad ogni modo, la richiesta è quella della previsione di misure alternative, “come l’uso di dispositivi di protezione e di test Covid-19” per permettere anche alla popolazione non vaccinata “di continuare a svolgere il proprio lavoro e di utilizzare i mezzi di trasporto, senza discriminazioni”.

Un riferimento viene poi fatto al diritto di manifestazione pacifica e “anche se ad oggi non ne risulta un’effettiva compressione”, Amnesty International Italia “continuerà a rivendicare il diritto a manifestare pacificamente forme di dissenso e a garantire il diritto di cronaca degli operatori e delle operatrici dell’informazione, denunciando ogni atto di aggressione o violenza ingiustificata nei loro confronti”. 

A livello europeo, intanto, si discute da settimane dell’opportunità di introdurre il vaccino obbligatorio contro il coronavirus, come anticipato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Lei stessa in queste ore ha ufficializzato di aver avuto un contatto con un positivo (il suo autista) e di essere per questo in quarantena.

La soluzione dell’obbligo, parola che fino a un mese va veniva vista come una sorta di tabù, oggi è quella che fa più discutere. E ci sono Stati che hanno già fatto questa scelta, come l’Austria che ha presentato il piano per la campagna obbligatoria nei confronti dei residenti di età superiore ai 18 anni a partire dal primo febbraio. Nella parole del cancelliere Karl Nehammer, “non è una battaglia tra vaccinati e non vaccinati" ma "è la migliore garanzia per noi per vivere insieme in libertà".

(Unioneonline/s.s.)

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