Passo in avanti nella diagnosi precoce della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Un team di ricercatori torinesi e statunitensi, servendosi anche dell'intelligenza artificiale, ha individuato nel sangue un gruppo di proteine che può essere un biomarcatore affidabile per identificare la malattia neurodegenerativa nelle sue fasi iniziali, forse addirittura prima che si manifesti con sintomi clinici.

A coordinare il lavoro, Adriano Chiò, direttore di neurologia universitaria della Città della Salute di Torino, e Andrea Calvo, neurologo della medesima struttura, in collaborazione con il National institutes of healt (Nih) degli Stati Uniti. I risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Nature Medicine.

«Per la prima volta - spiega Adriano Chiò - disponiamo di uno strumento potenziale non solo per migliorare ed accelerare la diagnosi di Sla, ma anche per identificarla in una fase molto precoce, permettendo di intervenire in modo più immediato e più mirato».

La scoperta si basa sull'impiego di una tecnologia all'avanguardia nel campo della proteomica, chiamata Explore 3072, che permette di misurare in maniera particolarmente precisa la concentrazione di più di tremila proteine circolanti nel plasma. Lo studio ha coinvolto un gruppo iniziale di 183 pazienti con Sla e 309 persone sane. Utilizzando la piattaforma Olink - che sfrutta un sistema basato su anticorpi abbinati a sonde a Dna per rilevare variazioni anche minime nella presenza delle proteine - i ricercatori hanno identificato 33 proteine i cui livelli sono significativamente alterati nel sangue dei pazienti rispetto alle persone sane. L'intelligenza artificiale è entrata in scena a questo punto: con un modello avanzato di 'machine learning' è stato sviluppato un algoritmo capace di distinguere tra soggetti sani e pazienti affetti da Sla con un'accuratezza del 98,3%.

«Analizzando campioni di sangue prelevati da persone che in seguito si sono ammalate – spiegano dalla Città della Salute -, i ricercatori hanno osservato alterazioni proteiche indicative di un processo patologico già in corso anche se in fase molto iniziale. Questo suggerisce che la patologia ha una fase preclinica lunga e silente: quindi potrebbe diventare possibile intervenire prima del danno irreversibile».

(Unioneonline/v.l.)

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