Non solo gas e luce. Gli aumenti sono pronti a farsi sentire anche sulle tavole degli italiani. Il caro bollette, così come il conflitto tra Russia e Ucraina, ha fatto impazzire i listini al dettaglio, con una moltitudine di prodotti che nei primi mesi di quest’anno ha risentito dei rincari di luce e gas. E, tra questi, ci sono anche quelli alimentari. Assoutenti, nei giorni scorsi, ha lanciato l’allarme, sottolineando come siano “in arrivo pesanti aumenti per pasta, pane, farine, cereali, biscotti e dolciumi, con i prezzi al dettaglio di una moltitudine di prodotti che potrebbe subire nel breve termine rincari tra il 15% e il 30%”.

Per il presidente dell’associazione, Furio Truzzi, “a pesare sui listini al pubblico” sarebbero “sia le quotazioni delle materie prime come il grano e il mais che, a causa del conflitto bellico, hanno raggiunto i livelli massimi da 14 anni, sia i rincari dei carburanti che aggravano la spesa per il trasporto delle merci. Di fronte a tale situazione estremamente critica che potrebbe affossare i consumi, impoverire le famiglie e bloccare l’economia nazionale, chiediamo al governo di proclamare lo stato di emergenza prezzi, fissando prezzi amministrati per i beni di prima necessità, sterilizzando l’Iva sui carburanti e contrastando speculazioni sui listini” ha chiesto Truzzi. Già a inizio anno la stessa associazione aveva provato a fare il punto della situazione, focalizzandosi sui prodotti alimentari di largo consumo. I risultati? A gennaio il pane ha subito un incremento del 3,9% rispetto allo scorso anno, che per la famiglia tipo equivale ad un maggior esborso di circa 35 euro annui. Il prezzo della pasta è poi salito in media del 10%, mentre per i frutti di mare occorre spendere l’8,4% in più rispetto a gennaio 2021. “La verdura costa addirittura il +13,5% in più, quasi 60 euro in più a famiglia, ma ad aumentare sono anche i prezzi di acqua minerale (+3%), gelati (+4%) e succhi di frutta (+4,8%)” ha evidenziato Assoutenti.

Il peso dell’inflazione

A confermare il trend al rialzo è anche l’Unione Nazionale Consumatori, che in uno studio sull’inflazione ha analizzato il cambiamento dei prezzi tra gennaio 2021 e gennaio 2022. E quindi ecco il 20% per gli oli vegetali diversi dall’olio d’oliva, il +10,8% del burro, il caffè che cresce del 2% e il latte fresco intero a +1,1%. L’Unione Nazionale Consumatori invita poi a monitorore su eventuali speculazioni: “Prima che le eventuali mancate importazioni delle materie prime dalla Russia e dall’Ucraina possono ripercuotersi sui prezzi finali di vendita dei prodotti trasformati serve tempo” si legge in una nota, e “la materia prima incide solitamente in minima parte sul prezzo finale di vendita. Per quanto riguarda la pasta, ad esempio, incide per meno del 25%. Questo vuol dire, ad esempio, che per avere un aumento della pasta del 20%, il prezzo del grano dovrebbe salire dell’80%, per avere un rialzo del 30% dovrebbe alzarsi addirittura del 120%. Inaccettabile, quindi, che i produttori di pasta o i distributori, che hanno già rialzato i prezzi del 12,5% da gennaio 2021 a gennaio 2022, mettano già avanti le mani per altri rincari”.

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Bar e ristoranti, gli scontrini sono più salati

I gestori lamentano costi per le materie prime più alti in media del 10%: una situazione che si riflette necessariamente sui listini proposti ai clienti. Gli effetti dei rincari delle materie prime si avvertiranno anche fuori casa, nei bar e nei ristoranti. A dirlo un sondaggio di Fipe-Confcommercio, che ha coinvolto i gestori dei pubblici esercizi italiani. Per nove imprenditori su 10 i prezzi delle materie prime risultano in aumento, soprattutto prodotti ittici, frutta, carni e ortaggi. E se l’aumento medio dei soli prodotti alimentari è del 10%, quasi quattro titolari di un locale su dieci dichiara che gli aumenti sono superiori a questa soglia. Una situazione che inevitabilmente si rifletterà (e in parte si sta già riflettendo) sui prezzi proposti a listino per i clienti. “L’andamento anomalo delle condizioni meteo che ha colpito le produzioni ortofrutticole, le restrizioni imposte nei vari Paesi a causa della pandemia, fenomeni geopolitici che hanno impattato in modo significativo sui costi dell’energia, hanno provocato un generalizzato aumento dei prezzi” ha spiegato l’Ufficio Studi di Fipe-Confindustria. “Fino ad ora i ristoratori hanno assorbito questi aumenti senza scaricarli sui consumatori, ma non potrà essere ancora così a lungo”.

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Il grano tocca i massimi storici

La guerra in Ucraina fa innalzare ancora il prezzo del grano, determinando così l’emergenza scorte. A sottolinearlo, nei giorni scorsi, è stata Coldiretti. Il prezzo del grano è infatti aumentato ulteriormente, raggiungendo i massimi dal 2008, attestandosi su un valore di 37,5 centesimi al chilo. Tendenza in crescita anche per  le quotazioni di mais e soia che stanno mettendo in crisi l’alimentazione degli animali nelle stalle, mentre le industrie della pasta e del pane lanciano l’allarme scorte.  Secondo la Coldiretti - che per la sua analisi ha fatto riferimento alle quotazioni mondiali al Chicago Board of trade, punto di riferimento per le materie prime agricole - si tratta di una emergenza mondiale che impatta forte sull’Italia. Il nostro è infatti un Paese deficitario, che importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais per l’alimentazione del bestiame. L’Ucraina, tra l’altro, è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di circa il 20% ma garantisce anche il 5% dell’import.

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