Le due Province autonome magari no. Ma la volontà di riscrivere lo Statuto speciale è apprezzabile. Dopo il sasso lanciato nello stagno delle riforme dal presidente del Consiglio regionale Michele Pais, la riflessione di Emiliano Deiana non chiude del tutto la porta al dialogo. "Parliamo volentieri di assetti istituzionali", spiega il presidente dell'Anci, "anche se le priorità sono la lotta alla povertà e il diritto al lavoro".

Però l'idea di Pais non le piace.

"Più che altro, rilevo che sono cose non dichiarate nei programmi elettorali. Ora aspetto le dichiarazioni programmatiche del presidente Solinas per vedere le reali intenzioni della maggioranza".

L'iniziativa sulle riforme può essere anche del Consiglio.

"È vero. Però i cittadini dovrebbero conoscere certe intenzioni prima di votare. Non è indifferente se vai a Nuoro a dire che perderanno la prefettura e altri servizi...".

Non ritiene che serva comunque una riforma dello Statuto?

"Sì. Ma come la fai? Io credo che se ne debba occupare un'Assemblea costituente, eletta con sistema proporzionale: 20-25 persone, in carica per un anno, con esponenti degli enti locali, del mondo produttivo, delle università".

Perché non se ne può occupare il Consiglio regionale?

"Perché né il centrodestra, né il centrosinistra, né il M5S hanno detto prima delle Regionali che riforma vogliono".

Quale tipo di riforma auspica?

"Non si può continuare col doppio centralismo, statale e regionale. Vorrei una Regione che fa leggi e programmi, e lascia l'amministrazione a Province e Comuni. Per il principio di sussidiarietà, è meglio fare le cose al livello più vicino ai cittadini".

Si dice sempre. Ma come si fa?

"Trasferendo funzioni agli enti locali. Un esempio: ciascuno dei 377 Comuni sardi deve andare all'assessorato all'Ambiente a ritirare i tesserini della caccia. Casi simili ce ne sono centinaia. Ma non è una bestemmia neanche che alcuni assessorati o enti possano cambiare sede. Forestas non può stare a Oristano? O l'assessorato del Turismo ad Alghero o a Olbia?".

Esiste davvero la Sardegna a due velocità di cui parla Pais?

"Sì, ma le due velocità sono quelle delle aree urbane e delle aree rurali. Basta vedere la distribuzione dei redditi tra città e paesi. Anche nelle città c'è povertà: ma, in media, anche più opportunità".

Non ritiene necessario un riequilibrio nord-sud nell'Isola?

"Non è il vero problema. E non si possono invocare due province autonome come in Trentino, e al tempo stesso la Città metropolitana di Sassari. O una cosa o l'altra".

Lei, da gallurese, vorrà resuscitare la provincia di Olbia.

"Da gallurese penso che i galluresi debbano poter utilizzare l'articolo 43 dello Statuto sardo, che dà alle comunità locali il diritto di decidere dove collocarsi. I referendum l'avevano aggirato: i cittadini di Nuoro, Oristano, Sassari e Cagliari decisero che la Gallura non fosse più provincia".

Ma se decidono le comunità locali potremmo tornare alle otto province, o anche di più.

"Il Consiglio regionale può dettare dei parametri minimi di popolazione e territorio. Oggi quali comunità rivendicano l'autonomia? La Gallura e l'Ogliastra. Lasciamo che si esprimano".

Lei chiede anche l'elezione diretta dei presidenti provinciali.

"Quasi tutti i sindaci la pensano così. Abbiamo già il nostro da fare, per occuparci anche di Province. Ma bisogna prima cambiare la legge Delrio. Intanto si esca dai commissariamenti, ma correggendo l'attuale voto ponderato, per cui un consigliere di Sassari vale come 40 piccoli Comuni. Noi diciamo: un Comune, un voto".

All'Anci crea problemi il ritardo sulla Giunta regionale?

"Crea problemi ai sardi e alla stessa maggioranza. Gli elettori hanno scelto, servono assessori pienamente operativi. La battuta di Solinas sul risparmio dei loro stipendi mi sembra un inciampo. Se c'è un interlocutore puoi iniziare a vedere i problemi in campo: per esempio abbiamo incontrato informalmente l'assessore alla Sanità sulla sovrapposizione tra Reis e reddito di cittadinanza. Ma pensi alle proteste sul latte, per ora rientrate: non avere l'assessore all'Agricoltura, in questa fase, è un problema".

Giuseppe Meloni

© Riproduzione riservata