È un momento complicato per Alessandra Todde. Lo sarebbe per chiunque dopo una sentenza che, per quanto di primo grado, inchioda alle proprie «gravi e plurime violazioni» nella rendicontazione delle spese elettorali. Eppure al 28 maggio del verdetto si sommano altre due date che rischiano di mandare in frantumi gli equilibri (fragili) della maggioranza. Cinque giorni prima, cioè il 23 maggio, nel vertice di coalizione il Pd aveva chiesto una gestione collegiale della sanità; ma il giorno dopo la sentenza Giuseppe Conte ha blindato da Nuoro Armando Bartolazzi. A fare da cornice, un anno di legislatura in cui Todde avrebbe dovuto iniziare a garantire il diritto alla salute, come promesso da candidata governatrice; invece da presidente della Regione deve fare i conti con il 17,2% di sardi che nel 2024 ha rinunciato alle cure. Lo stesso dato valeva il 13,7 nel 2023. Numeri dell'Istat, non del centrodestra.

È un'incognita enorme, questa della sanità. Lo sanno bene proprio all'opposizione, dove il vento del ritorno anticipato alle urne, addirittura agli inizi del 2026, viene considerato una certezza, «vista la sentenza». Il segretario dei dem Piero Comandini, presidente del Consiglio regionale, porta acqua sulla brace della maggioranza. «Sulla sanità tra M5S e Pd non c'è mai stato uno strappo. La forza della coalizione è semmai la capacità di dirci le cose senza ipocrisia e infingimenti, quindi non parlerei di crisi».

Così diventa nelle cose l'archiviazione del rimpasto, a cui lo stesso Bartolazzi aveva dato credito parlando di un suo ritorno a Roma «dopo un anno». Invece Conte a Nuoro ha detto che il centrodestra a Roma dovrebbe «rimboccarsi le maniche come sta facendo il nostro Bartolazzi». Fine dell'ipotesi di un Todde bis. Anche se è difficile ipotizzare una resa dem. Almeno per peso numerico dentro la maggioranza.

Nel centrodestra confermano intanto per domani il vertice a Oristano voluto da FdI. 

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