Aree idonee, il Tar del Lazio spedisce la legge sarda alla Consulta
Dopo il ricorso del Governo, una sentenza mette all’indice profili di incostituzionalitàPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il Tar del Lazio smonta la legge sarda sulle aree idonee, la fa a pezzi e la spedisce davanti alla Consulta. Dopo il governo, che l’ha impugnata, anche i giudici amministrativi della Capitale rilevano una lunga serie di passaggi in odore di incostituzionalità nella norma proposta dalla Giunta Todde e approvata a dicembre dal Consiglio regionale nel tentativo, fallito, di arginare l’invasione di impianti di produzione di energia rinnovabile nell’Isola.
Il contenzioso – La demolizione dell’impianto normativo è contenuta in un’ordinanza di oltre 30 pagine emanata dalla terza sezione del Tar capitolino, chiamata a decidere sul ricorso presentato dalla Rwe Renewables Italia Srl, titolare, in Sardegna, di un impianto eolico già autorizzato e numerosi altri in corso di valutazione. La tesi della ricorrente, che contestava anche il decreto Pichetto Fratin sulla base del quale è stata emanata la legge isolana, era: la Sardegna, appigliandosi al provvedimento governativo, ha dichiarato il 99% del territorio regionale non compatibile con la costruzione di pale e pannelli. Quindi sarebbe compressa la libertà di iniziativa economica privata e non si perseguirebbero gli obiettivi di decarbonizzazione imposti dalle direttive europee. Nell’ordinanza c’è un paradosso: i giudici respingono la tesi della società, ma solo per demolire alla radice la legge sarda, sospendere il giudizio e chiamare in causa la Corte costituzionale. Intanto una sentenza, depositata ieri sempre dal Tar Lazio, impone la riscrittura del decreto, proprio per la parte che lasciava troppa discrezionalità alle Regioni. Il pasticcio è su tutta la linea.
Aree idonee smontate – Per il collegio la norma sarda non sortisce gli effetti ipotizzati dal legislatore sardo: «Va radicalmente escluso», scrivono i giudici, «che le “aree non idonee” possano essere considerate del tutto interdette alla installazione di impianti Fer», altrimenti sarebbe «seriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi energetici del Paese». Il tenore della legge però lascia intendere che sia così. E per questo viene bollata come illegittima.
L’illegittimità – A dicembre sarebbe stato commesso un errore di fondo. Se la Regione ha competenza primaria in materia di edilizia e di urbanistica, spiega l’ordinanza, la legge interviene sull’energia, materia spartita con lo Stato. La norma è in contrasto «leggi fondamentali di riforma economico-sociale che si impongono anche alle Regioni autonome». Si ritiene violato l’articolo 117 della Costituzione, perché «l'inadeguatezza di una determinata area (...), non può derivare da una qualificazione aprioristica (...) ma solo all’esito di un procedimento amministrativo che consenta una valutazione in concreto». Non sarebbe rispettato nemmeno il principio di proporzionalità dei valori tutelati imposto dall’articolo 3: la Costituzione (articolo 9) difende l’ambiente «anche nell’interesse delle future generazioni». Badare solo al paesaggio comprimerebbe, appunto, il secondo valore tutelato. Ancora: bloccando «indiscriminatamente» anche progetti già approvati, la legge Todde violerebbe il diritto di libertà di iniziativa economica sancito dall’articolo 41. La gestione sarda infrange «anche i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione». Difesi dall’articolo 97 della Costituzione.
Enrico Fresu