Peste suina, ferita sanata: l’intervento del 19 novembre 2025
Di Luigi ArruNel 2024 la Commissione Europea ha dichiarato la Sardegna ufficialmente libera dalla Peste Suina Africana (PSA), ponendo fine a una storia durata quarantasei anni. Non si tratta solo di un risultato sanitario: è la chiusura di una ferita economica, culturale e identitaria che ha pesato per decenni sul mondo rurale e sulle filiere agroalimentari dell’isola. La PSA – la più grave e temuta malattia contagiosa dei suini – era arrivata nel 1978 e, per lungo tempo, sembrò impossibile da eradicare.
A complicare la lotta non furono soltanto gli aspetti epidemiologici, ma soprattutto la difficoltà di conciliare tradizioni radicate – come il pascolo brado dei maiali, largamente praticato soprattutto in alcune aree boschive del centro Sardegna – con le regole della sanità animale europea e con la necessità di garantire sviluppo e legalità. Per anni la Sardegna ha pagato un vero e proprio embargo commerciale, con danni enormi a occupazione, redditi e reputazione.
La svolta è arrivata quando la politica ha deciso di agire con metodo e coraggio, istituendo una governance unitaria e tecnico–scientifica, capace di coordinare istituzioni, forze dell’ordine, veterinari, agronomi, allevatori e amministratori locali. È stato un lavoro complesso, spesso silenzioso, talvolta contestato, ma condotto con rigore, trasparenza e responsabilità.
Oggi, il fatto che questo percorso sia citato come caso di successo in uno dei più autorevoli testi internazionali di medicina veterinaria, “Diseases of Swine”, conferma che la Sardegna può essere non solo terra di problemi antichi, ma anche di soluzioni moderne. Il risultato ottenuto è rilevante anche in prospettiva comparativa: la Sardegna era l’unico territorio europeo a registrare una forma endemica di PSA da quasi mezzo secolo.
La conclusione positiva di questa vicenda costituisce oggi un caso di studio internazionale su gestione epidemiologica, governance multilivello e rapporto tra territorio, tradizione e regolamentazione. Un caso di studio ancor più significativo se si considera che questa malattia si è diffusa negli ultimi anni nella Penisola e in molti altri Paesi europei e del mondo, e che il suo controllo si sta spesso dimostrando molto difficile. Ma il messaggio che voglio inviare oggi, sulla base dell’esperienza sarda, è molto chiaro: anche un problema difficile come è stata la PSA in Sardegna, può essere risolto, perché – nonostante tutto – la buona politica esiste ancora: quella che sceglie il lungo periodo, che ascolta ma non arretra, che costruisce e non improvvisa.
Ora l’impegno è non disperdere ciò che è stato conquistato: trasformare un risultato sanitario in una nuova opportunità economica e culturale. La fase successiva non riguarda la celebrazione, ma la valorizzazione degli effetti potenziali: riapertura dei mercati, consolidamento delle filiere certificate, sviluppo competitivo dei prodotti suinicoli e rilancio della reputazione agroalimentare dell’isola. E in proposito si può e si deve fare di più.
La PSA, per la Sardegna, non è più un limite storico: è un dossier chiuso con successo (anche se non si deve mai abbassare la guardia) e una competenza acquisita, deve restare solo ciò che oggi finalmente è: una pagina di storia.
Luigi Arru – Già assessore regionale