La crisi della politica è lampante ed è dovuta in gran parte al suo imbarbarimento. I muri contro muro, gli insulti, la insensata necessità di non trovare mai condivisione pur davanti a evidenti questioni di interesse nazionale hanno portato al disinteresse crescente del cittadino comune. Tant'è che ormai si considera un successo quando a votare va almeno la metà degli aventi diritto. Nemmeno ora che la tregua a Gaza comincia a dare i suoi frutti con il rilascio degli ostaggi di Hamas e dei prigionieri in Israele il linguaggio dell'odio si placa. Sicuramente non aiuta la campagna elettorale continua per elezioni regionali colpevolmente non accorpate. Ma davvero non se ne può più, tanto che davanti al solito siparietto televisivo fra politici di opposte fazioni il telecomando cambia canale da solo. Comunque il vittimismo della Meloni sta diventando proverbiale ma è ancora vincente sull’accanimento rabbioso di Conte e la fuffa verbale della Schlein. Però al fuoco si risponde con il fuoco e anche la presidente del Consiglio non si nega cadute di stile. Sotto sotto c'è chi ha capito che si può vincere partendo dal centro, dalla moderazione. Lo sa e lo dice Tajani e lo sanno il rinvigorito Renzi e Calenda che guidano partiti che ambiscono ad essere ago della bilancia e scegliere con chi stare. Se questo trend crescerà chi rischia di più sono la Lega a destra e il M5S a sinistra. A favore di coalizioni più omogenee e meno demagogiche e populiste.

Bepi Anziani

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