S ta prendendo forma in Arabia Saudita, nei pressi del golfo di Suez, una delle operazioni di sviluppo territoriale più rilevanti che la storia abbia mai registrato. Si chiama “Neom”. La vuole fortemente il principe Mohammad Bin Salman. La finanzia il fondo sovrano Saudita. L’acronimo deriva dall’arabo e significa “nuovo futuro”. Si tratta di una nuova città concepita su una linea (The Line) di 170 km di lunghezza e 200 mt di larghezza, all’interno di un perimetro delimitato da vetri altri 500 metri. La forma lineare consente a un treno a levitazione magnetica di far viaggiare nove milioni di abitanti.

I l nuovo, inedito progetto urbanistico dovrebbe permettere di raggiungere tutti i servizi essenziali in 5 minuti a piedi e così inaugurare un nuovo concetto di vivere ed abitare, con forte potenziamento dei servizi pubblici, in gran parte demandati a dispositivi di intelligenza artificiale, e consumi interamente soddisfatti da energia rinnovabile. Verrà anche costruito il più grande impianto al mondo di idrogeno verde. Il progetto include il vorticoso ampliamento del porto della città di Duba, con un enorme complesso logistico posizionato su un’isola galleggiante ottagonale, denominata Oxagon, che costituirà una potentissima zona economica speciale (Zes) con regolamentazione del tutto autonoma rispetto all’Arabia Saudita e fortissimi incentivi alla produzione con l’ausilio di tutte le nuove tecnologie oggi a disposizione. L’investimento, da parte del fondo arabo, è di 500 miliardi di dollari.

Ora, perché una iniziativa così immaginifica (fortemente criticata da alcuni osservatori internazionali) dovrebbe interessare i nostri lettori? È un modello replicabile da noi? Direi proprio di no. Ma colpisce la finalità dichiarata: affrancarsi dalla dipendenza petrolifera ed aprirsi a nuove produzioni tecnologicamente avanzate. Rilevante sarà anche l’impatto che la Zes di Oxagon, in virtù della sua ubicazione e attrattività, avrà sul commercio internazionale. Argomento sul quale riflettere, visto anche il nostro recente abbandono degli accordi con la Cina sulla via della seta. E visto il recente progetto di riduzione delle nostre Zes ad una, unica, per l’intero Mezzogiorno. Ma ciò che più sorprende è la magnitudine e la rapidità con cui alcuni investimenti stanno generando processi epocali, anche in aree del pianeta sino ad oggi pressoché disabitate. Tutte riflessioni (non dissimili da quella sull'impatto che il Pnrr avrà sul nostro Mezzogiorno) che dovrebbero trovare opportuna accoglienza nel nostro dibattito culturale, politico e sociale e che troppo spesso vengono invece sottostimate, anche perché mancano sovente utili termini di paragone.

Chissà dunque che l'osservazione di questi fenomeni, che sino a ieri avremmo relegato alla fantascienza, possa farci capire che occorre allargare lo sguardo oltre i nostri confini, usare (non subire) le nuove tecnologie che la scienza ci consegna, mutare il nostro modo di vivere tenendo conto del pianeta che ci ospita e cambiare passo. Il tutto, se è possibile, prima che i nostri territori, già oggi fortemente spopolati (come in uno scambio immaginario con i sauditi), si vadano definitivamente desertificando.

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