C 'è ancora nella società politica sarda la voglia di progettare il futuro, di impegnarsi, confrontandosi, su quale Sardegna costruire per i propri figli ed i propri nipoti? Si potrà contare - ci si domanda ancora - su di un impegno che vada oltre i rimedi del contingente e che permetta di venir fuori dalle convenienze clientelari, dagli scontri inconcludenti e dai calcoli elettorali a brevissima scadenza? D'altra parte si sente in giro, e la si constata ogni giorno sui social, una gran voglia di voltare pagina, di uscire fuori dalle sabbie mobili di pratiche politiche stantìe ed infeudate nel semplice mantenimento del potere e dal corto respiro. Si tratta certamente di un sentimento diffuso, originato dal declino di una regione dove sono più le macerie del passato che le opere del presente.

Ciononostante, non si trova traccia alcuna di una disponibilità ad uscire fuori dall'immobilismo di questi ultimi anni, e su come immaginare e realizzare una possibile ripresa. Eppure i problemi aperti sono sempre più numerosi e si avverte un forte malessere per una mancanza di lavoro che interessa circa 120 mila nostri corregionali, di cui quasi la metà dotati di diploma o laurea. Con in più il prodotto interno lordo in continua flessione, ormai giunto a valere più o meno neppure i due terzi di vent'anni or sono.

Ora, per chi la esamini attraverso questi indicatori, la Sardegna appare in costante regresso, afflitta da una forte astenia, nel senso che pare abbia perso ogni volontà ed ogni attitudine per procedere verso il progresso. (...)

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