S econdo le proiezioni dell'Istat, non passerà molto tempo perché la popolazione della Sardegna, dagli attuali 1,6 milioni, si riduca a poco più di un milione di abitanti. Per via di un tasso di decrescita ormai consolidatosi anno dopo anno, a causa del saldo demografico sempre più negativo (più decessi che nascite) e dei continui e sostenuti flussi migratori, in gran parte di giovani fra i 15 ed i 35 anni in possesso d'un elevato titolo di studio. Conseguentemente, sarebbe sempre più evidente l'invecchiamento della popolazione, con oltre la metà dei sardi destinata ad essere formata da ultrasessantacinquenni.

Si tratta di una previsione preoccupante che pone molti e gravi problemi per il futuro dell'isola dei nostri figli e nipoti. E che pone come necessaria l'urgenza di attuare degli interventi correttivi per rallentarne ed impedirne le pesanti conseguenze. Ad iniziare proprio dall'emorragia migratoria. Infatti, crescono sempre più gli emigrati in possesso di un'elevata preparazione professionale e culturale. Cioè di quanti potrebbero, grazie alle loro competenze, fermarne il declino.

Le ragioni? In gran parte andrebbero ricercate nella struttura di un'economia locale debole e miniaturizzata, composta da una maggioranza di imprese bonsai, inadatte ed incapaci nell'utilizzo delle professionalità di medio-alto livello. Non a caso, secondo una recente rilevazione, poco più di un centinaio delle oltre centomila imprese attive nell'isola (di cui quasi i due terzi sotto i quattro addetti), avrebbe nell'organico laureati o diplomati. (...)

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