P er capire qualcosa dei tanti perché della decrescita infelice sofferta dalla nostra Sardegna occorre tener presente quanto accaduto nel settore produttivo, piegato da una caduta verticale dei suoi investimenti da una trentina d'anni a questa parte.

Una situazione che un tempo si sarebbe definita con la frase “quando il cavallo non beve”, con ciò alludendo al fatto che, per via di una congiuntura del tutto negativa e con l'economia in panne, le imprese non avevano più alcuna propensione od interesse ad investire. Frase che potrebbe essere usata anche in questa situazione sfavorevole e desolatamente sterile che stiamo attraversando noi sardi, in cui non sono solo i cavalli a non voler più bere, ma, aggiungiamo, anche molentis e brebeis, asini e pecore, sembrano mostrare lo stesso rifiuto.

Ci sono infatti dei numeri che certificano, purtroppo, la gravità di questa congiuntura piatta e negativa, così da scoraggiare le nostre imprese, piccole e grandi. Non a caso nell'ultimo quinquennio il valore dei nuovi investimenti effettuati nell'isola sarebbe rimasto molto vicino allo zero. A testimoniare della gravità della crisi.

C'è quindi da capire del perché non si investa più in Sardegna e sulla Sardegna. Se sia da imputare al braccino corto o al portafoglio vuoto dei nostri imprenditori oppure alle difficoltà strutturali ed alla scarsa attrattività di una localizzazione nell'isola da parte di investitori esterni; o ancora - come molti propendono - per via delle incertezze. (...)

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