C he succede? Siamo conciati per le feste. Il Natale non sarà Natale come l'estate non poteva essere estate. Nel cambio di stagione l'Italia è riuscita a passare da un estremo all'altro: riaperta senza criterio con il caldo, chiusa con rigore al freddo. Il risultato è quello logico: il doppio virus continua a essere presente nel nostro Paese, l'Italia è al quarto posto nel mondo nella macabra graduatoria della mortalità (prima di noi solo il Messico, l'Iran e il Regno Unito), l'economia è sospesa in una bolla di debito pubblico e respirazione artificiale (blocco dei licenziamenti e cassa integrazione) che prima o poi esploderà. Per il 2021 abbiamo una certezza (c'è il vaccino) e una speranza (che la sua distribuzione alla popolazione sia efficace) ma su quest'ultimo punto dobbiamo essere molto prudenti, perché abbiamo l'esperienza della gestione dell'emergenza e l'Italia non è stata per niente un modello come si cantilenava senza alcun fondamento.

Le ultime misure per contenere la seconda ondata sono un ulteriore esempio di labirintite istituzionale: governo e Regioni sono ai materassi, la maggioranza è in tensione sulla riforma del Mes e l'opposizione non sa far di meglio che occupare il Parlamento. Poche idee, ben confuse. Il decreto e il Dpcm di Palazzo Chigi sono un caotico tentativo di linea dura che con l'idea di vietare tutto, schianta anche la logica. Siamo in Sardegna, accendiamo il navigatore satellitare, tra Quartu, Quartucciu, Selargius, Monserrato e Pirri nell'hinterland cagliaritano si consuma una sorta di tragicommedia in stile Wuhan cinese.

I Comuni sono a un lancio di cerbottana, ma se attraversi la strada secondo le norme della buoncostume sanitaria sei in “terra straniera” e dunque un pericoloso fuorilegge. Un isolamento che non sono riusciti a immaginare neppure a Pechino. Chi ha scritto quelle norme è chiaramente un marziano a Roma (capolavoro di Ennio Flaiano) e non è mai stato a Quartucciu, cribbio. Noi che siamo nati in paese, che siamo andati in bicicletta da bambini da un centro all'altro (il tragitto Cabras-Riola-Nurachi mi sembrava un'avventura) conosciamo la mappa, sappiamo che l'Italia è fatta di piccoli centri, confinanti d'amicizia e anche ostilità. In ogni caso, l'amore è sempre dall'altra parte del fiume. E questi a Palazzo Chigi cosa s'inventano? Il lockdown tra Oristano e Santa Giusta? E nonna Desolina dov'è? A Quartu! Ma tziu Boriccu sta cucinando l'agnello a Quartucciu! E i due, che si amano fin da bambini (nonostante lui continui a entrare in casa la notte con gli stivali sporchi di fango), visto il Dpcm, per Natale e Capodanno non dovrebbero incontrarsi e poi andare a letto insieme per ricordare il tempo in cui erano ragazzini? E il sugo di cinghiale la mattina dopo chi lo cucina? Il ministro Boccia? (che è uomo di spirito, di popolo, e comprende bene quel che stiamo novellando). In politica si può superare tutto, ma il ridicolo è letale.

Siamo al paradosso della decisione ferma di un governo malfermo. Perché se Grillo suona la campana del no alla riforma del Mes, allora siamo al sottosopra, con Beppe e Silvio (lui, Berlusconi) che non dicono mai la stessa cosa ma stavolta la fanno proprio uguale, mentre il Pd afferma che così si apre la crisi e Conte canticchia che tutto va bene funicolì funiculà. Che arrivi la Befana con il carbone per tutti, vi prego. Cosa c'è dietro l'angolo? L'unica spiegazione plausibile per questa tragedia nel segno di Mel Brooks è una sola: la gestione dei miliardi del Recovery Fund. Dunque vale la cara vecchia regola del giornalismo: “follow the money”, segui i soldi. E naturalmente questo faremo, seguiremo i soldi, per sapere, per capire che fine farà il nostro Paese.

L'Italia ha bisogno di recuperare il suo spirito lieto, quello che abbiamo perso in un anno orribile e con una gestione da burosauri di una crisi sanitaria, certo, ma anche e soprattutto spirituale, emotiva. Sono rimasto colpito - la parola giusta è scosso - dal rapporto Censis 2020 presentato ieri. Gli italiani sono impauriti, appaiono incattiviti come mai prima dal dopoguerra a oggi: la metà vuole la pena di morte, la maggioranza non ha nessuna fiducia nell'Europa ed è pronta a barattare la propria libertà con una generica “salute” che tra l'altro neppure i lockdown alla cinese ci hanno dato. Ho più volte scritto sui rischi di una comunicazione ansiogena, sui contraccolpi che sarebbero arrivati con un messaggio che premia gli “indivanados” e punisce i ceti produttivi, sul fiume di denaro senza investimenti e la prospettiva disastrosa di un debito pubblico che galoppa. S'è fatta largo l'idea che ci sia un ristoro per tutto e per tutti - anche per chi non lo merita - e dunque che il lavoro, il talento, il merito, siano inutili. Si è diffusa l'idea che in fondo qualcuno pagherà, un generico Stato, e nessuno sembra voler prendere atto di una semplice verità: lo Stato siamo noi. Siamo quelli invisibili del Dpcm, siamo quelli che passeggiano tra Tolkien e Kafka, siamo quelli della terra di mezzo tra Quartucciu, Quartu, Selargius e Pirri. Siamo quelli tutti giù per terra, l'Italia.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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