S ono esistite donne la cui vita è trascorsa nell'invisibilità pur avendo compiuto gesti rumorosi e scandalosi che ai poteri autoritari stanno sulle scatole. Una di queste donne è Marianna Bussalai.

Ebbe colpe imperdonabili: intellettuale, sardista, femminista, antifascista. E per di più confinata in un paese, Orani. Lo ricordiamo per aver dato i natali a Costantino Nivola e non anche perché, grazie a questa donna, fu una delle capitali del sardismo e dell'antifascismo.

La sua fu una vita breve e sofferta. Morì a 43 anni nel 1947. In tempo per vedere la Sardegna regione a “statuto speciale” ma non indipendente come avrebbe voluto e con meno competenze e consapevolezza della Sicilia, della Valle d'Aosta, del Trentino- Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia, a leggere gli specifici Statuti.

Un'esistenza dentro la malattia vissuta come un processo di testimonianza e di autocoscienza, in verità, non infelice perché sorretta da un'incrollabile fede religiosa e da un amore disperante verso la Sardegna. Questo profondo ed intricato grumo, di origine prepolitica ed invariato, è ciò che le fornirà la grammatica per elaborare una componente fondativa del suo sardismo. Si chiama appartenenza.

Sentimento abusato ed esibito oggi quanto poco praticato nell'agire quotidiano e politico. Forse è il tratto che la fa sopravanzare rispetto agli uomini con cui si relaziona e che la considerano poco politica per questa componente già tutta dentro il pensiero della differenza. (...)

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