A scoltate le parole di uno degli ultimi grandi vecchi della Repubblica: «Se vince il Sì al referendum ci sarà un primo effetto collaterale di cui pochi parlano: l'attuale parlamento sarà delegittimato. Anzi: auto-delegittimato. Buffo, no?».

Forse ci voleva lo sguardo lungo di un novantenne d'acciaio come Rino Formica per aprirci gli occhi e per vaccinarci contro la miopia della politica che in questi tempi (a destra e a sinistra) ha troppo spesso il fiato corto. Ho passato una mattinata a discutere con l'ex ministro, vecchio leone socialista, e vorrei riportare su L'Unione Sarda alcuni dei dubbi che mi ha instillato sull'ingorgo istituzionale che si sta creando in questi giorni. Siamo stretti fra tre passaggi cruciali: le amministrative, un referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari e il semestre bianco che annuncia la fine del mandato di Sergio Mattarella.

Il voto sul tema più delicato, la riforma Costituzionale degli eletti, avverrà in modo del tutto disomogeneo (già questa è una anomalia) con una base elettorale diversa a seconda delle regioni in cui ci si trova: nelle regioni in cui si vota per eleggere il nuovo presidente -infatti - l'affluenza sarà più alta, e trainata dal voto amministrativo. Nel resto d'Italia (come in Sardegna) andranno al voto solo i più motivati: fra l'altro - va aggiunto - non c'è quorum. Come mai accade tutto questo? Per una furbata dei sostenitori del Sì, convinti di essere avvantaggiati da questo accorpamento. (...)

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