È esplosa la febbre dei vaccino-scettici. Un giorno l'avvocato Gianni Agnelli disse con acuminata perfidia, di una ministra (ai suoi occhi colpevole di aver disertato - nientemeno - una finale europea della Juventus): «Sarebbe un'ottima cameriera. Ma non la mia». Oggi quella battuta mi è tornata in mente, di fronte allo spettacolo surreale dei tanti italiani che in queste ore si arrabbiano per le sparute dosi di vaccino con cui inizia la campagna italiana, ma subito dopo spiegano: «Io comunque non lo farò». È la sublimazione di un surreale vorrei-ma-non-posso.

Ed era forse un destino che in questo clima, al proclama anti-vaccinale di Heater Parisi («Né io e né la mia famiglia faremo il vaccino contro il Covid») rispondessero le parole ferme e sagge pronunciate ieri da Raffaella Carrà: «Io, quando toccherà a me, il vaccino lo farò sicuramente. Ho visto troppe persone, anche amici, che hanno sofferto tantissimo per combattere il Covid. Allora - si è chiesta la Raffa più famosa d'Italia - non è meglio vaccinarsi? Hai la libertà di uscire, di viaggiare, di tornare a vivere». Applausi. Ed ecco il punto, il tema, che probabilmente sfugge (anche) a tanti virologi moralisti, che sparano invettive, incapaci di essere convincenti sulla necessità di aderire ad una campagna di massa. Ha ragione la Carrà: invece che inseguire l'illusione di una libertà personale (che non può esistere) contro gli altri, ha senso cercare una libertà collettiva (che dobbiamo recuperare) insieme agli altri.

N on si convive chiusi in casa con il virus che ci assedia, si ritorna alla vita fuori da casa, con il vaccino che ci protegge dal Covid. Si rimettono in moto scuola, cultura ed economia, si chiude la stagione dei lockdown.

Invece che ironizzare sulla guerra tra le anchorwomen, gli esperti sanitari dovrebbero studiare questa contesa a distanza fra prime donne nazionalpopolari, capire che entrambe (con il loro istinto) interpretano sentimenti e dubbi che corrono sotto la pelle del Paese. Io dico che invece di profetizzare catastrofi e morti atroci si dovrebbe imparare dal buonsenso elegante della Carrà, che per istinto e storia personale va dritta al punto. Il vaccino non deve essere percepito come una condanna, ma come una via di uscita da un dramma. L'unica condanna è il Covid. Di più: proprio per questo dobbiamo tifare che il vaccino più economico (invece che 30 euro, 2,5 a dose) prodotto da una alleanza tra Cambridge e una società italiana (quello di Astra Zeneca) ottenga il 6 gennaio il via libera delle autorità sanitarie e sdogani 40 milioni di dosi prenotate in Italia. Viceversa dovremmo percepire con una qualche inquietudine il fatto che in questa incredibile saga del vaccino, l'ultima perla (si fa per dire) sia la notizia che ci è arrivata ieri. Ovvero quella dei medici no-vax sanzionati dal loro Ordine a Roma perché hanno scritto sui social: «La vaccinazione non serve. È inutile e pericolosa». Questo scisma sotterraneo a mezzo facebook merita l'attenzione dell'Ordine dei medici. Perché è evidente che nessuno andrebbe a fare la comunione in una Chiesa dove un prete bestemmia e dice che Dio non esiste.

Così torno al punto: il polverone di questa rumorosa minoranza di massa che si mobilita contro il vaccino, e si impegna per spiegarci che non è utile (e poi magari flagella il governatore De Luca perché dando l'esempio si è vaccinato per primo) rischia di non farci cogliere un fatto grave. Dopo la bella retorica sulle dosi distribuite con equità e proporzione tra i Paesi dell'Unione in nome di un ideale di una comune identità e appartenenza europea, Francia e Germania hanno già trovato il trucco per accaparrarseli da sè. Sempre ieri, infatti, dopo le prime rivelazioni dei giorni scorsi, abbiamo scoperto che Berlino ha concluso un accordo con BioNTech e Pfizer per l'acquisto di 30 milioni di dosi. Vaccini supplementari, ovviamente, che si aggiungeranno ai 55,8 milioni previsti dalla ripartizione europea. La Francia (per ora) ha messo in campo diecimila dosi in più dell'Italia. Numeri che fanno sgretolare le surreali dichiarazioni del commissario Domemico Arcuri, secondo cui«la distribuzione sta avvenendo in proporzione con il numero degli abitanti». O il Commissario alla Nunziatella aveva problemi in matematica (cosa che non risulta), o è un tentativo di fare buon viso a cattivo gioco.

Invece questo è proprio il momento di guardare in faccia la realtà: i grandi Paesi europei stanno proiettando la vecchia politica ottocentesca delle “cannoniere” sul problema contemporaneo delle siringhe. E forse almeno una cosa dovremmo imparare da questo sussulto di realpolitik: tutti nel mondo hanno capito che non si esce dall'epidemia con la superstizione, gli sciamani e i terrapiattisti, ma con la modernità, gli anticorpi e le campagne vaccinali.

LUCA TELESE

GIORNALISTA E AUTORE TELEVISIVO
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