« N on eravamo noi». Meglio: «Non possiamo essere noi, quelli lì». Caro Cagliari, sarai qualcosa di sconosciuto ai più, ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: una squadra che sbanda, così piccola e fragile come cantava Drupi nel 1974, tanto che diventa difficile individuare quale sia il reparto più in crisi. La front line della società è negli occhi smarriti di Rolando Maran, un uomo educato, solido, fermo nelle sue convinzioni tattiche fino all'estremo sacrificio. Anche sabato sera, congelato dalle tre pappine e dal freddo epocale di Reggio Emilia, ha fatto capire di non aver capito, ammettendolo per la seconda domenica di fila all'obiettivo impietoso delle telecamere. Un paio di mesi fa scrivevamo che ognuno sapeva cosa fare, che la squadra aggrediva dal primo istante ogni avversario, che il Cagliari era una delle belle sorprese della Serie A. L'infortunio di Castro, nella seconda metà di novembre, ha dato il via a un'altra stagione. Con un'altra squadra, nuovi interpreti, una barchetta nella tempesta. Ma il Cagliari era così dipendente dal ginocchio del cantante di La Plata, oppure nel frattempo sono sorte delle complicazioni?

A Reggio Emilia, la serataccia contro il Sassuolo si è chiusa con l'uscita anticipata di Tommaso Giulini. Furibondo, contrariato, il “suo” decimo posto si allontana una domenica dopo l'altra, mentre il tecnico vede una squadra motivata e carica durante la settimana e poi succede sempre qualcosa di brutto. Il Cagliari è in crisi, qualcuno scopra perché: un punto a partita è il minimo sindacale, nelle prossime diciassette cosa dobbiamo aspettarci?
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