È il campionato dei segnali. La vittoria del Benevento sulla Juventus, un successo strameritato, è una botta tremenda all'autostima del Cagliari. Ma non tutti, per fortuna, sono segnali d'allarme, perché la caduta del Torino a Genova e il derby con la Juve, in cartellone dopo la sosta, consentono ai rossoblù di continuare a coltivare l'obiettivo, quello di assicurarsi un posto nella prossima serie A. Nonostante una stagione nera, con sedici sconfitte su ventotto partite, la squadra nelle mani di Leonardo Semplici vede ancora la porta socchiusa. Perché le stagioni fallimentari non si vedono solo dalle parti di Assemini.

A proposito di segnali, veniamo a quelli del campo. Nel naufragio di La Spezia, davanti a una squadra modesta che ha fatto il minimo sindacale per portare a casa la pagnotta, il Cagliari - questo Cagliari, che cammina sul cornicione e spesso se lo dimentica - poteva e doveva fare di più. Non doveva commettere errori da campionato amatoriale, sia in difesa che in attacco, in un campionato dove lo svarione è punito nove volte su dieci. Nove su dieci, perché i liguri, nell'unico errore grave che hanno commesso (dimenticare Simeone al centro dell'area) l'hanno scampata, galeotta fu una zolla. Segnali nefasti, come la stagione di Godin, nel complesso, che ci fa gridare al miracolo quando fa cose normali e che invece, dalla prima giornata, ha collezionato errori e orrori. Eppure la porta è ancora aperta, allacciamo le cinture perché la discesa verso l'epilogo sarà ad alta tensione.

Sul tavolo verde, ci sono ancora trenta punti. Nessuno scommetterebbe un cent su un filotto del Cagliari, dopo i fuochi d'artificio fatti esplodere da Semplici e subito dopo il silenzio di tomba delle ultime due uscite. Segnali, come la netta differenza di qualità fra gli organici visti a La Spezia, seppure il risultato finale abbia sorriso alla squadra di uno che sa imitare la filosofia di Zeman, ma senza regali. Semplici è sembrato il perfetto testimonial del pragmatismo, uomo pratico e capace di trovare la soluzione anche con la genialata. Invece al Picco abbiamo visto l'assalto finale, le palle alte e gli spintoni in area, che sarà pure divertente ma spesso non paga e sa tanto di seconda, terza fascia. La squadra aveva promesso dieci, dodici finali, quella di sabato sera sembrava la sfida per il terzo e quarto posto, fra il bronzo e il cartone. Il Cagliari, continuiamo a pensarlo, merita ben altro. Sabato 3 aprile, alle 15, arriverà il Verona, che ha perso le ultime tre, Sì, la porta è ancora aperta.
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