L a testa e non la pancia. Il progetto e non certo gli ultimi 540 minuti. Eusebio Di Francesco ha trovato a Cagliari una società che crede nel suo lavoro. E che scommette sulla rinascita di una squadra medaglia d'oro in discesa libera. Perché - lo dice il presidente - «l'allenatore e la squadra hanno valori tecnici e morali per mantenere questa categoria». La testa, quindi, quella di Tommaso Giulini, e non la pancia, quella di un ambiente stufo di successi mancati e di figuracce, che ripete come un cd pieno di solchi «via l'allenatore» ogni cinque secondi, sui social, nelle radio, per strada. Il Cagliari vede lungo, crede che con questo gruppo si eviterà la retrocessione, ovvero l'ingresso in un altro pianeta - finanziario e di visibilità - che questa società non può permettersi.

Una coraggiosa presa di posizione, quella di Giulini, che è andato in tv - ieri a fine partita - e ha detto che si va avanti tutti insieme, sposando il concetto che chiunque arrivasse, oggi, al posto dell'attuale allenatore, non sposterebbe gli equilibri. Questa è la scossa, non certo quella che in altri club, numeri alla mano, è arrivata bella forte dopo il cambio di guida tecnica. Per Di Francesco una fiducia rinnovata, ma in stile governo Conte, risicata e senza numeri, decisione soprattutto politica, a proposito di segnali. Uno, ieri, lo ha indubbiamente lanciato il Cagliari, che ha dominato a tratti contro una squadra tecnicamente inferiore, ma abile nel capitalizzare il tradizionale cadeau infiocchettato di rossoblù.

Però è innegabile che ci siano delle responsabilità, in questa prima negativa metà di stagione. Intanto, psicologicamente la squadra non vive un periodo brillante, all'esterno non si avverte quella forza dettata non dalla disperazione ma dalla consapevolezza delle proprie capacità, nonostante il club abbia assunto anche di uno psicologo. Poi ci sono i problemi di natura tattica, uno ieri era palese. Da destra e da sinistra sono piovute decine di cross, più o meno precisi, ma con il povero Simeone stritolato da una difesa più forte fisicamente. Il ricorso a Cerri non ha cambiato le cose, mentre Pavoletti, uno dei migliori colpitori di testa d'Europa, è rimasto in panchina, colpito da un mal di schiena che sa di mercato. Ancora: ci sono difetti cronici incurabili, come quella linea difensiva sempre troppo fragile e scoperta. Il lavoro pagherà, sostiene la società, costi quel che costi. Avanti adagio, i nostri eroi non vincono dal 7 novembre, hanno tempo per tirarsi fuori da una situazione complessa. Poi si vedrà.
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