I o non sono un ragazzo di campagna. Tuttavia, in una società “liquida”, così com'è chiamata da chi aggiunge alle passate di pomodori i liquami della terra dei fuochi o da chi costruisce a mano i prosciutti con tagli bulgari di scarto, sposando il filone del “tutto è liquido, tutto è relativo”, ogni tanto sento il bisogno di tornare alla solidità della terra e alla ragionevolezza della civiltà contadina. Anche perché mi sembra che sempre più spesso le derive non solo dell'assennatezza, ma anche della legalità, diventino la trama di un disegno più raffinato, tutto meno che liquido.

La negazione della sacralità democratica del voto popolare, fatemi dire, è una di queste deviazioni che ormai raccolgono giornalieri affluenti e minacciano di diventare un fiume pericoloso. Il suffragio universale e il dogma “una testa, un voto” sono diventati, infatti, il bersaglio di un'élite che sino a ieri si sarebbe buttata sul fuoco, a parole, certo, per difendere la democrazia e la costituzione.

Ritornando doverosamente ai fondamentali e saccheggiando la Treccani, la democrazia è la forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità per mezzo di rappresentanze elettive, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di eguaglianza, all'esercizio del potere pubblico. Con democrazia s'indica anche la dottrina stessa, come concezione politico-sociale e come ideale etico, che si fonda sul principio della sovranità popolare, sulla garanzia della libertà e dell'uguaglianza di tutti i cittadini. (...)

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