D opo le discutibili scelte degli ultimi anni e le bufere per le irregolarità finanziarie, dopo le dimissioni di prestigiosi accademici e lo scandalo per molestie sessuali che aveva coinvolto il marito di una giurata e la casa reale, minacciando l'esistenza stessa della fondazione, nel 2019 il premio Nobel ha ritrovato una rotta più istituzionale, meno ideologica.

Il Nobel per la Chimica è andato agli inventori delle batterie agli ioni di litio; per l'Economia a tre studiosi per l'approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale; per la Fisica agli scienziati che hanno aggiornato l'immagine dell'universo; per la Medicina ai ricercatori che hanno scoperto il processo con cui le cellule utilizzano l'ossigeno. Il doppio Nobel per la letteratura è stato assegnato alla polacca Olga Tocarczuk e all'austriaco Peter Handke, personaggi scomodi ma indiscutibilmente “produttori di letteratura”.

Tuttavia, il segnale più rilevante di reindirizzamento è stato la consegna del Nobel per la pace al premier etiope Ably Ahmed Ali, scelta che ha avuto vari meriti: di riaccendere i riflettori su una zona disgraziata del mondo, l'Africa orientale; di premiare chi con atti concreti e con un lavoro oscuro, lungo e determinato lotta per risolvere conflitti drammatici; di dare riconoscimento alla sostanza d'importanti riforme, non ai fenomeni mediatici.

Quest'ultimo sembra il meta-obiettivo che ha guidato i risultati della nuova commissione, esemplificati dal rifiuto di premiare per la pace Greta Thunberg. (...)

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