Una testimone racconta l'agguato in Libia: "I ribelli hanno iniziato a sparare, ho visto Piano e Failla morire"
«Davanti a me c’era l’auto con gli italiani a bordo, ci siamo fermati, loro sono scesi per mangiare. Sono arrivati i ribelli e hanno iniziato a sparare, il mio gruppo ha tentato di scendere a patti con loro, non ci hanno dato retta e hanno ripreso a sparare. Poi solo sangue e cadaveri».
È il racconto degli ultimi istanti di vita di Fausto Piano e Salvatore Failla. Un’istantanea di mercoledì 2 marzo nelle parole di Wahida Bin Mokhtar Bin Ali, l’unica sopravvissuta sotto la pioggia di piombo che ha investito il convoglio dove si trovavano anche i due tecnici della Bonatti rapiti in Libia il 19 luglio scorso.
Lei, cittadina tunisina, moglie di un miliziano jihadista reclutato a Sabratha, è l’unica testimone dell’uccisione dei due italiani. La donna ha raccontato agli investigatori che dentro il convoglio c’era anche una borsa piena di soldi, probabilmente i denari del riscatto. E ha dato anche un altro elemento: gli italiani sarebbero stati nelle mani dei miliziani filo-Isis.
Un racconto tutto da verificare, naturalmente. Ma resta il fatto che, dentro una storia piena di ombre, misteri, tentativi di depistaggio, questa è l’unica testimonianza diretta del massacro avvenuto nei pressi di Sabratha.