Intesa rimandata al primo euroconclave chiamato a scegliere i vertici nella nuova legislatura. Nessuna decisione formale era prevista, però ci si aspettava un accordo quantomeno di massima sullo schema, perché la rosa di nomi  era giudicata sostanzialmente solida. «Abbiamo una direzione giusta ma in questo momento non c'è accordo», ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel al termine della cena dei leader. «È nostro dovere concludere entro la fine del mese».

La quadriglia prevede Ursula von der Leyen confermata alla Commissione sulle ali del trionfo alle elezioni del Ppe, il socialista portoghese Antonio Costa al Consiglio, la liberale estone Kaja Kallas al ministero degli Esteri Ue. La conferma di Roberta Metsola al Parlamento - che però sceglie in autonomia - completa il quadro.

Donald Tusk, uno dei due negoziatori dei popolari, non ritiene che alla luce del voto debbano cambiare gli equilibri: «Non è mio compito convincere Giorgia Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente».

«È chiaro che in Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra», è stato invece il muro eretto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui le elezioni europee «hanno portato una maggioranza stabile» delle stesse forze politiche che finora hanno lavorato a stretto contatto in Parlamento.

Cosa farà Giorgia Meloni? Silenziosa, fredda per il metodo e per il merito di questo inizio di negoziazione. Ma comunque decisa a ottenere il massimo per l’Italia nella futura Commissione europea. La premier ha un compito difficile, dialogare con la maggioranza europeista senza snaturare la sua collocazione politica.

Sa di arrivare a Bruxelles quando gli altri hanno già ben chiara la suddivisione delle nomine, e lo dice chiaramente ai colleghi: «Il metodo è sbagliato, io non ci sto ad accettare un pacchetto di nomine preconfezionato, le soluzioni di cui si discute non sono state concertate con tutti. Ma soprattutto non ha senso parlare di nomi senza fare prima un’analisi seria e profonda del voto».

(Unioneonline)

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