Un gruppo internazionale di astronomi (di cui fanno parte anche due italiani), intenti ad osservare alcune giovani stelle, hanno fatto una scoperta sensazionale: intorno alle formazioni stellari della costellazione del Toro ci sarebbero delle strutture interpretabili come tracce create da pianeti giovani e in via di sviluppo.

I risultati, pubblicati sull'Astrophysical Journal, segnano un passo fondamentale per la comprensione delle fasi chiave della formazione planetaria.

Alcuni di questi "giovani" pianeti potrebbero raggiungere la dimensione di Nettuno o delle super Terre (pianeti fino a 20 masse terrestri). Non solo, due dei dischi osservati potrebbero potenzialmente ospitare pianeti giganti come Giove, il più grande del Sistema solare.

Allo studio, il cui autore principale è la Feng Long dell'Università di Pechino, hanno collaborato per l'Italia le ricercatrici dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) Brunella Nisini ed Elisabetta Rigliaco e i professori dell'Università Statale di Milano e associati INAF Giuseppe Lodato ed Enrico Ragusa.

LO STRUMENTO DELLA RICERCA - Utilizzando uno strumento chiamato "Atacama Large Millimeter Array" (ALMA), e composto da 45 antenne radio situate nel deserto di Atacama, in Cile, il gruppo di ricercatori ha eseguito un'analisi di giovani stelle. La costellazione presa in considerazione è quella della regione di formazione stellare del Toro, una vasta nube di gas e polveri situata a 450 anni luce da Terra. Osservando l'emissione della polvere di 32 stelle circondate da dischi protoplanetari, gli studiosi hanno scoperto che ben 12 di loro mostrano anelli e divisioni, strutture che hanno interpretato come tracce dalla presenza di pianeti nascenti.

Mentre alcuni dischi protoplanetari appaiono uniformi, come dei "blob" privi di strutture interne, in altri casi erano già stati osservati anelli luminosi concentrici separati da divisioni, ma poiché gli studi precedenti si erano concentrati sulle stelle giovani più brillanti (le più facili da osservare) non era ancora chiaro quanto questi dischi con strutture ad anelli fossero davvero comuni nell’Universo.

I risultati di questa ricerca sono quindi i primi ad essere statisticamente significativi proprio perché i dischi oggetto delle osservazioni sono stati selezionati indipendentemente dalle loro proprietà.

GLI ESPERTI - Gli scienziati hanno inoltre potuto escludere che tali strutture potessero essere il risultato di effetti dipendenti dalle proprietà stellari, confermando quindi la presenza di pianeti appena nati quale origine più probabile di queste affascinanti formazioni.

"In dischi protoplanetari strutture come anelli e cavità (spazi vuoti) sono molto comuni, e le strutture osservate in questi dischi nel Toro sono dovute alla presenza di pianeti di piccola massa, come super-Terre o nettuniani, che operando insieme ad altri processi producono queste affascinanti strutture", ha spiegato Elisabetta Rigliaco.

"L’osservazione della morfologia dei dischi potrebbe affermarsi come una nuova metodologia per rilevare la presenza di pianeti attorno a stelle giovani, complementare agli studi sui pianeti extrasolari che in genere si concentrano su stelle adulte, dell’età del Sole", ha aggiunto Giuseppe Lodato.

Ora, per il futuro, i ricercatori vorrebbero modificare la posizione delle antenne di ALMA. L'obiettivo? Ottenere una maggiore risoluzione e osservare strutture su scale dell’ordine della distanza Terra-Sole, rendendo le antenne sensibili a grani di polvere più grandi.

(Unioneonline/s.a.)
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