Carles Puigdemont ha annunciato la sua candidatura alle elezioni anticipate in Catalogna del 12 maggio. «Ora che si apre l'opportunità di restituire la presidenza della Catalogna sottratta nel 2017 con il commissariamento della regione, vi annuncio che mi candiderò al Parlamento catalano. Comincia oggi il conto alla rovescia del mio ritorno», ha detto davanti a un migliaio di persone che, con lo stato maggiore di Junts per Catalunya, lo hanno acclamato nel Comune di Elne, alla frontiera franco-catalana. La scelta del piccolo municipio di 8mila anime non è casuale, per «i suoi valori repubblicani» e perché è, fra l'altro, il municipio dove furono custodite le urne con i voti della consultazione unilaterale sovranista del primo ottobre 2017.

«È il momento di essere qui per culminare con successo il processo indipendentista cominciato sei anni e mezzo fa», ha detto Puigdemont, che ha definito il prossimo ritorno alle urne come «un'opportunità di scegliere fra chi vuole convertire la Catalogna in un'autonomia inoperante o chi vuole finire il lavoro, perché sia una nazione indipendente e offrirle un regime di libertà che nessuno dei governi spagnoli le ha offerto finora».

L'eurodeputato ha assicurato che il suo «esilio» deciso come «resistenza alla repressione» e «per difendere le istituzioni del nostro paese» ha avuto un alto costo personale, che non avrebbe potuto assumere senza «la forza necessaria per prendere decisioni scomode». «Posso dire con orgoglio che, dopo sei anni e mezzo, tutti i tentativi di trascinarci sulla strada della rinuncia e dell'umiliazione sono falliti», ha scandito. Dopo aver rivendicato la sua presenza nell'Eurocamera, che «ha consentito di trasferire il conflitto catalano nel cuore delle istituzioni europee», Puigdemont ha sostenuto che «è importante che continui ad essere così». Per questo motivo ha annunciato la sua rinuncia «a far parte della lista Junts per Catalunya al Parlamento europeo», per dedicarsi totalmente alla causa catalana. «Non sono conformista, non mi piace rassegnarmi, non cerco quello che è più comodo e meno rischioso a livello personale», ha incalzato Puigdemont, applaudito dallo stato maggiore di Junts. E ha assicurato di aver offerto alla Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), con il presidente attuale della Generalitat, Pere Aragones, una lista unitaria: «Solo se recuperiamo l'unità avremo possibilità. Non c'è alcun beneficio per il Paese nell'andare alle urne separati», ha aggiunto.

La decisione di Aragones di anticipare le elezioni catalane al 12 maggio ha preso in contropiede Puigdemont, che intendeva presentarsi alle elezioni europee del 9 giugno, per rinnovare il seggio di eurodeputato. Ed è giunta alla vigilia dell'approvazione da parte della Camera bassa dell'amnistia per le persone coinvolte nel processo separatista, attualmente all'esame del Senato, che si prevede entri in vigore ai primi di giugno. Condizione posta dai partiti catalani per rinnovare la fiducia al premier socialista Pedro Sanchez, e che ha ridato protagonismo al leader di Junts, tornato con i 7 deputati eletti lo scorso 23 luglio a giocare un ruolo chiave nel gioco delle maggioranze al Congresso.

Le elezioni catalane comunque accelerano il ritorno dell'uomo di Waterloo, inquisito dalla Corte suprema spagnola per terrorismo, e l'amnistia dovrebbe liberarlo da un ordine di cattura del tribunale spagnolo e di un ordine europeo di arresto, che pendono sulla sua testa (nel 2021 fu arrestato in Sardegna). Il suo partito ha fatto quadrato intorno a lui, nonostante l'imprevedibilità del personaggio e l'incertezza su quando sarà possibile l'effettivo rientro in Catalogna. Di certo non in campagna elettorale e per le elezioni, ma - si prevede - in tempo per l'insediamento del futuro presidente della Generalitat. 

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata