Corruzione, frode e abuso di potere: sono queste le accuse che hanno portato all'incriminazione di Benjamin Netanyahu, primo ministro d'Israele.

Una prima volta assoluta nello Stato ebraico, e una situazione che aggrava ancora più la precarietà di un Paese che, dopo due tornate elettorali, non è riuscito a formare un governo e si avvia a nuove elezioni.

L'azione della magistratura è stata immediatamente bollata dal premier in tv come un golpe, un "tentativo di ribaltamento dei poteri". "Io ho molto rispetto per la magistratura ma bisogna essere ciechi - ha spiegato Netanyahu - per non vedere che lì succede qualcosa di non buono". Per questo, secondo il premier, "la gente ha perso la fiducia nella polizia e nella magistratura e a ragione". "Occorre indagare - ha continuato - la magistratura e gli inquirenti. Contro di me ci sono state indagini inquinate. Non cercavano la verità, cercavano me. Hanno creato dossier ad arte, su misura".

Nel frattempo, mentre il rivale Benny Gantz ha parlato di un "giorno triste per lo stato", le opposizioni chiedono le dimissioni.

Seppur, nonostante la formale incriminazione, a norma di legge Netanyahu non si troverà a fronteggiare un immediato processo. E, come sottolinenano i media locali, occorreranno mesi prima che le accuse formali siano emesse e il primo ministro comunque potrebbe rivolgersi alla Knesset per invocare l'immunità parlamentare.

Attualmente non c'è tuttavia alcun Comitato parlamentare che possa decidere visto che manca una maggioranza di governo. E se anche con un nuovo governo - dopo le nuove elezioni - dovesse costituirsi e respingere la richiesta di immunità, si potrebbe arrivare a maggio o giugno prima di una decisione formale.

Per la corruzione, sulla carta, la legge prevede una pena fino a 10 anni di carcere, mentre per la frode la pena è fino a 3 anni.

(Unioneonline/v.l.)
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