A un anno dall'entrata in vigore della restrittiva legge contro l'aborto in Polonia, un'altra donna è rimasta vittima del diritto negato, riaccendendo le proteste nel Paese.

Ne dà notizia il Guardian online. Secondo la denuncia della famiglia, la giovane Agnieszka T., 37 anni, è morta per il rifiuto dei medici di operarla dopo la morte di uno dei feti gemelli di cui era incinta durante il primo trimestre della gravidanza.

La procedura è stata rimandata fino alla morte anche del secondo feto, arrivata una settimana dopo, mentre la donna è morta a un mese dal ricovero, il 21 dicembre scorso. La famiglia sostiene che la donna sia morta di setticemia.

"Questa è la prova del fatto che l'attuale governo ha le mani insanguinate", ha scritto su Facebook la famiglia mentre l'ospedale si difende sostenendo "di aver fatto di tutto per salvarla".

La Procura ha aperto un'inchiesta sull’episodio e la notizia del decesso ha infiammato le piazze, in settimana si è svolta una fiaccolata in memoria della vittima. Ulteriori proteste sono in programma a Częstochowa, la città nel sud della Polonia da cui proveniva la vittima, madre di tre figli.

"Continuiamo a protestare affinché nessun altro muoia", ha detto ai media polacchi Marta Lempart, organizzatrice dei cortei. "La legge anti-aborto uccide. Un'altra persona è morta perché le necessarie procedure mediche non sono state eseguite in tempo", denuncia la donna.

(Unioneonline/L)

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