Migliaia di persone sono scese in piazza, ieri, nel centro di Caracas e in altre città del Venezuela, per chiedere le dimissioni del governo di Nicolás Maduro e per sostenere il leader dell'opposizione Juan Guaidò, che a metà gennaio si è autoproclamato presidente.

Una manifestazione di grande forza, che ha mostrato quanto l'onda di protesta non sia scemata da tre settimane a questa parte.

Intanto prosegue il braccio di ferro fra Guaidò e Maduro sulla questione degli aiuti umanitari inviati dagli Stati Uniti - il primo paese a riconoscere l'autorità di Juan Guaidó e il più attivo per cercare di risolvere la crisi venezuelana -: Guaidò ha promesso ieri che la situazione verrà sbloccata entro il 23 febbraio, seppur Maduro abbia ribadito che nessun tipo di aiuto è necessario nel Paese.

Non solo, in un'intervista rilasciata alla BBC, Maduro ha addirittura sostenuto come la situazione nel Paese sia stata abilmente orchestrata dal Paese guidato da Donald Trump con l’unico obiettivo di mettere in cattiva luce il suo governo e prendere il controllo del Venezuela.

Da quando Guaidò si è dichiarato presidente, il Paese continua a vivere in una sorta di stallo: il potere è ancora saldamente nelle mani di Maduro, seppur decine di Paesi in tutto il mondo abbiano riconosciuto l'autorità di Guaidò e abbiano richiesto nuove elezioni presidenziali.

LA POSIZIONE ITALIANA - "L'Italia non appoggia assolutamente Maduro", il commento del premier Conte ieri al Parlamento europeo di Strasburgo. "Noi non riteniamo che Maduro abbia legittimazione democratica. Chiediamo elezioni libere e democratiche al più presto. Ma non riteniamo che la soluzione sia un presidente autoproclamato, anzi riteniamo che questo rallenterà il processo democratico".

(Unioneonline/v.l.)
© Riproduzione riservata